"L'atleta deve essere consapevole delle proprie ansie ed esternarle, anche in pubblico. È importante che si umanizzi la figura del campione, sennò si creano mostri di perfezione che non esistono". Monica Vaillant, una vita nella pallanuoto, plurimedagliata con il Setterosa e ora psicologa, non trova particolarmente strane le difficoltà mentali denunciate a Tokyo da stelle dello sport come Simone Biles.
"Le Olimpiadi hanno sempre un carico extra di pressioni, e queste sono diverse dalle altre. Il Covid - osserva Vaillant parlando con l'ANSA - ha stravolto la preparazione, nella bolla mancano i famigliari che spesso aiutano a gestire le emergenze.
E poi basta immaginare la paura che si può provare per il tampone prima della gara, si rischia di perdere ancor prima di giocare".
Ora se ne parla di più ma secondo la psicologa sono da sempre diffusi quelli che Biles ha chiamato "twisties", i blackout brevi ma spaventosi che possono mandare in cortocircuito un atleta. "In sport individuali come la ginnastica o i tuffi non c'è tempo per rimediare, possono compromettere una prova: gli atleti di punta con i mental coach cercano strategie per affrontarli - spiega l'ex pallanuotista, due ori mondiali, tre europei e un'Olimpiade da allenatrice -. Poi c'è il fattore età: da giovani l'incoscienza può aiutare a bruciare le tappe, ma non appena ci si accorge del mostro interno mancano gli strumenti, la maturità per gestire la paura del fallimento, con cui ogni atleta prima o poi si scontra".