Sono nati sulla spiaggia o hanno scelto di vivere sull'onda. E ora surfano sulle Olimpiadi. Sono i rider di tutto il mondo - 23 milioni di praticanti, secondo le stime dell'International Surfing Association - che sognavano di veder trasformato in oro puro la loro passione un po' da selvaggi di cavalcare il mare. Il comitato olimpico ha trasformato quel sogno in realta', e a Tokyo 2020 il loro sport sarà uno dei quattro aggiuntivi con tanto di medaglia, e di sicuro il più iconico. Al quale si e' aggiunto last minute anche un azzurro, il romano giramondo Leonardo Fioravanti. Dopo aver sfiorato la qualificazione diretta ai Mondiali in Salvador, da prima riserva ha ottenuto il pass a 20 giorni dal via dei Giochi in forza dell'infortunio del sudafricano Jordy Smith.
Per i 20 surfisti e le 20 surfiste di Tokyo, invece, appuntamento sulla spiaggia di Tsurigasaki, 370 km a ovest della capitale, una delle mete del tour internazionale dei gitani della tavola in policarbonato. Ironia della sorte e venti permettendo, nella quattro giorni di gare, quello previsto per le medaglie e' il 29 luglio: un mercoledì.
A cavalcare il momento, a dire il vero, stavolta sara' soprattutto il Cio sempre in cerca di nuove frontiere del marketing. Era uno sport settario, appannaggio negli anni '60 dei figli della borghesia californiana in fuga dagli orrori del Vietnam e dei figli dei fiori australiani. Ora è divenuto spettacolo puro e passione con annesso giro d'affari, sulle onde enormi dell'Atlantico a Nazarè, in Portogallo; lì nel 2017 il brasiliano Rodrigo Koxa ha stabilito il record mondiale sfuggendo a un mostruoso cavallo d'acqua di 25 metri, nel suo tunnel.
Il desiderio di sfidare la forza dell'Oceano e' antica. Ne diede testimonianza il capitano James Cook, quando nei diari dei suoi viaggi in Polinesia parlò delle popolazioni locali che solcavano il mare su tavole di legno. Il primo cronista ha un nome celebre, Jack London: "Non salperò da Honolulu finché anch’io non avrò dotato i miei talloni di ali veloci quanto il mare e mi sarò trasformato in un Mercurio abbronzato spellato dal sole”, scriveva l'autore di 'Zanna Bianca' in un suo articolo sul viaggio a bordo dello Snark, incantato dai surfisti hawaiani.
Dalle quelle isole viene il padre fondatore dello sport moderno, Duke Kahanamoku. Vinse tre ori olimpici nel nuoto per gli Stati Uniti tra Stoccolma 1912 e Anversa 1920, e sul primo podio espresse un desiderio che pochi compresero: "Vorrei vedere un giorno il surf ai Giochi". Poi in Australia conobbe Isabel Letham e le trasmise quella pazzia tra spruzzi di Oceano. Da allora, mentre il 'Duke' diveniva idolo degli hawaiani che lo elessero 11 volte sceriffo di Honolulu, il surf si diffuse come un virus in tutti gli angoli del mondo. Sulle spiagge della Golden Coast nel Queensland, definite 'Surfers Paradise', sulla mitica Pismo Beach a meta' strada tra San Francisco e Los Angeles, o sui muri di acqua della sudafricana Jeffreys Bay o di Nazarè, villaggio di pescatori lusitani ora nuova meta mondiale dei più grandi.
L'ultimo in ordine di tempo e' Kelly Slater, americano capace di vincere undici mondiali e considerato il piu' forte di tutti i tempi. E' soprattutto l'uomo che ha portato il surf nel futuro, con i suoi 'aerials': voli acrobatici resi possibili dallo 'shortboard' moderno, che mai nessuno prima aveva pero' osato. Nella galleria dei mostri sacri ci sono Corky Carrol, il primo ad essere pagato per surfare; Lisa Andersen, prima donna a conquistare la copertina di Surfers Magazine, negli anni '90, 4 volte campione del mondo e per Sport Illustrated una dei 100 atleti simbolo del 900; ma anche Andy Irons, hawaiano affetto da disturbi bipolari e inseguito dal demone della cocaina, trovato morto come una rock star in un motel texano, nel 2010; bussa alla porta dei vertici mondiali anche un italiano, Leonardo Fioravanti, 22enne romano campione del mondo Under 20 e in grado di battere Slater in un contest.
Tra i favoriti per Tokyo Gabriel Medina, idolo dei 3 milioni di brasiliani che fanno del loro paese la nazione leader. Sfidera' americani, australiani, sudafricani, ma anche un marocchino, Ramzi Boukhiam, un indonesiano. Nelle donne, in testa al ranking mondiale c'e' l'hawaiana Carissa Moore, e anche qui la medaglia si gioca tra Usa, Brasile e Australia. Con una particolarita': se manchera' il pubblico dall'estero, non mancheranno i followers. Medina ne conta ben 6 milioni e mezzo su Instagram, nuova frontiera per la tribù del surf. Che ora attende di cavalcare l'onda olimpica di Tsurigasaki, per un mercoledi' davvero da leoni.