Gli italiani conoscono il tema dell'intelligenza artificiale e in qualche modo la usano. Lo rileva una ricerca condotta da Ipsos insieme all'esperto di mondo digitale Vincenzo Cosenza su un campione rappresentativo di 1.500 persone di età compresa tra 16 e 65 anni. Il 95% degli intervistati ha sentito parlare di IA mentre il 70% dichiara di usare l'IA generativa come ChatGpt per uso personale, il 33% per lavoro e il 25% per lo studio. La percentuale sale al 44% nel caso della Generazione Z, che dimostra di saper adattare la tecnologia generativa a scopo di formazione. In tal caso, gli usi più frequenti sono la generazione di testi (52%), la sintesi (36%), la traduzione di lingue (33% che sale al 44% per i boomer) e la generazione di immagini (32% che arriva al 58% per i boomer). Solo al 26% l'analisi di dati, mentre sono ancora esigue le percentuali d'uso di strumenti per la generazione di audio (16%) e video (8%). "Normale vista l'attuale immaturità degli strumenti" scrive Cosenza.
L'applicazione di IA generativa più conosciuta è, naturalmente, ChatGpt, citata dal 64% del campione e in crescita rispetto al passato. Al secondo posto segue il competitor Google Bard con il 36%. Molto più in basso la conoscenza di Dall-e (13%), Midjourney (12%) e Stable Diffusion (10%). Gli italiani si fidano abbastanza di tecnologie del genere, tanto che su una scala da 1 a 10, la fiducia è al 6,3. Da un lato evidenziano prospettive positive, come la semplificazione dei processi (30%, 37% tra la Gen Z), creazione di lavori non ancora esistenti (23%) oppure aiuti per la propria professione (14%). Dall'altro, gli intervistati mettono in luce aspetti problematici, come la perdita di posti di lavoro (26%), la minaccia per la creatività (26%), l'aumento del gap tecnologico tra le diverse generazioni (20%). In questo contesto, il 43% è propenso ad un percorso formativo per apprendere l'uso di questi nuovi strumenti, anche se solo il 14% crede che sarà necessario per il lavoro.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA