Al bar di via Carlo Alberto ci sono due tavolini contro il banco della cassa: "Mi servono per non fare avvicinare la clientela". Mentre il pavimento del Carrefour di via Cavour è rigato dai nastri adesivi: "Mantenere un metro di distanza". Il centro storico di Torino si prepara ad affontare la sua prima giornata di "zona protetta" nella partita con il Coronavirus.
Questa porzione di città non è deserta, ma quasi: radi i passanti, rade le automobili, a farla da padrone è il silenzio.
Scarsi i passeggeri della metropolitana. In piazza San Carlo, il salotto del capoluogo subalpino, c'è un presidio di carabinieri.
Vuoto il Caffè Torino, vuoto il Mokita, vuoto lo shop di ghiottonerie del maestro pasticcere Iginio Massari. Eppure è l'ora in cui , in tempi normali, sono pochi a rinunciare al piacere di un caffè o di un croissant.
I supermercati sono un capitolo a parte: ieri c'è stato un assaggio di assalto. Adesso al Carrefour gli scaffali sono pieni: "Il camion ci rifornisce tutti i giorni. Però, in previsione di un afflusso massiccio di persone, abbiamo preso degli accorgimenti. La coda sarà fuori dall'ingresso. Se cestini e carrelli saranno tutti impegnati, stopperemo provvisoriamente gli accessi".
In bella vista su un mobiletto all'entrata del bar di via Carlo Alberto c'è un dispenser di amuchina per chi desidera disinfettarsi le mani. Il personale ha i guanti. "Le disposizioni - dice il titolare - sono queste e noi ci atteniamo". "Però - osserva il collega che gestisce un altro bar nello stesso quartiere - le contraddizioni non ci sfuggono. Non posso fare servizio ai tavoli, però posso prendere l'autobus e magari affollare una tabaccheria per giocare al lotto. Fa niente. Terremo duro".
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