Presidio davanti alla sede della
Regione Piemonte, a Torino, per contestare la Circolare di
indirizzo sull'aborto farmacologico. Vi partecipa D.i.Re, la
rete nazionale dei centri antiviolenza, al fianco del centro
antiviolenza me.dea di Alessandria e delle compagne di Non una
di meno.
"La circolare annunciata dalla Regione limita fortemente
l'accesso alla RU486, riservandolo solo agli ospedali e non ai
consultori e, soprattutto, con un atto di sapore burocratico
impone invece una misura dalla forte valenza politica, ovvero
l'ingresso dei movimenti per la vita nelle strutture dove si
pratica l'interruzione di gravidanza", afferma Antonella Veltri,
presidente di D.i.Re. "Abbiamo visto come i movimenti per la
vita colpevolizzano le donne per la decisione di interrompere la
gravidanza", afferma Sarah Sclauzero, presidente di me.dea, "e
questo atteggiamento è contrario allo spirito della legge 194 e
alle disposizioni del Ministero della Salute sull'aborto
farmacologico".
"L'autodeterminazione sul proprio corpo è il cuore della
libertà di scelta delle donne e dell'uguaglianza di diritti
sancita dalla Costituzione, nel riconoscimento della differenza
di genere", ribadisce Antonella Veltri. "L'ingresso delle
organizzazioni pro vita nelle strutture sanitarie dove le donne
avviano il percorso di interruzione della gravidanza riafferma
il potere patriarcale di controllo sul corpo delle donne che è
alla radice della violenza contro le donne". "Contesteremo
questa circolare con tutte le nostre forze", conclude Anna Maria
Zucca, presidente dei centri antiviolenza EMMA di Torino e
consigliera di D.i.Re per il Piemonte, "anche per evitare un
pericoloso precedente che dalla Regione Piemonte possa
estendersi ad altre amministrazioni sanitarie".
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