"Siamo spesso un paese cialtrone,
caotico, fanfarone, ma questa volta, con il Covid, stiamo stati
bravi, più di tanti altri paesi che ora stanno molto peggio di
noi. Ho sentito proprio in questi giorni un mio amico che vive
in Romania dove si sono vaccinate solo il 50% delle persone e
hanno le terapia intensive piene. Per carità, io rispetto chi il
vaccino non lo vuole proprio fare, ma ho smesso di parlare con
loro, come si fa? Stanno fermi sulle loro idee, non c'è nulla da
fare. Per altro è difficile parlare con chi crede che col
vaccino ti mettono un microchip". E' un fiume in piena Carlo
Verdone quando inizia a parlare al Salone del Libro, in un
Auditorium gremito, centinaia di persone per ore in coda per
assistere al dialogo con il direttore della Stampa, Massimo
Giannini.
L'attore e regista ha raccontato l'origine del suo ultimo
libro, 'La carezza della memoria' (Bompiani), nato proprio in
tempo di Covid. "Dovevo scrivere questo libro per Bompiani da 9
anni - ha raccontato Verdone - ma ho preso a scriverlo quando è
cominciato il lockdown, quando mi sono chiuso in casa come
tutti. Con il mio dolore alle anche e pure un po' di amarezza
per il momento che stavamo vivendo. Ho cominciato ad aprire uno
scatolone con vecchi, vecchissimi ricordi, ed è nato il libro,
un paragrafo per ogni oggetto importante di quello scatolone.
Ecco: questo libro mi rappresenta più dei miei film. Ci sono
proprio io lì dentro, non l'ho scritto tanto per scrivere, che
senso avrebbe avuto? I film, anche quelli in cui uno è più se
stesso, sono sempre un compromesso con il produttore, nella
scrittura uno è completamente libero".
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