Una parte del commercio rischia il
lockdown di fatto. Sempre più negozi e pubblici esercizi sono
costretti a chiudere o a ridurre l'attività per il contagio di
titolari e dipendenti. E' l'allarme di Confesercenti che propone
"l'immediata istituzione di una 'indennità di chiusura o di
ridotta attività' basata sulle certificazioni di positività
rilasciate in questi casi". "Già oggi - dice il presidente
Giancarlo Banchieri - possiamo stimare un 10% di attività
temporaneamente chiuse e un altro 30% in affanno".
La chiusura riguarda soprattutto le piccole e piccolissime
attività a conduzione familiare che non hanno dipendenti: in
questo caso, basta che sia colpito il titolare e l'attività si
ferma; ma neppure la presenza dei dipendenti mette al riparo
dalle difficoltà: meno personale significa dover riorganizzare e
aumentare i turni dei dipendenti che rimangono in servizio,
ridurre gli orari, essere costretti a garantire meno servizi
alla clientela; succede anche che a essere infettati siano
contemporaneamente il titolare e i dipendenti: in questo caso,
il blocco è inevitabile.
"Non dimentichiamoci - spiega Banchieri - che non tutte le
competenze sono facilmente sostituibili: un cameriere, un
pizzaiolo, un addetto di un laboratorio di macelleria, un
commesso di un negozio di abbigliamento non si possono
improvvisare e il titolare non può seguire tutto. Purtroppo con
la pandemia in rapido avanzamento è facile prevedere che questi
numeri nelle prossime settimane si aggraveranno. Il governo non
ha varato nessun provvedimento di chiusura, ma una parte del
commercio rischia un lockdown di fatto, e non si tratta di pochi
giorni: date le note difficoltà legate ai tamponi, la chiusura
può andare dai 7/10 giorni ai 20, con una perdita non
indifferente".
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