"A me Bruno ha sempre detto 'sul
mio sepolcro vorrei il motto di Saul Bellow qui giace un vinto
dalla morte che non si è mai arreso'". Un cartello al collo con
questa frase è uno dei modi per ricordare e celebrare la memoria
di Bruno Segre da parte delle molte persone che da questa
mattina hanno affollato la camera ardente al Polo del 900. A
indossarlo è un amico, Enzo Mariel che racconta: "Ci
conoscevamo dagli Anni Ottanta, ci siamo visti un po' per caso,
perché avevamo casa tutti e due all'Alpe Colombino (Torino) e
spesso, durante le passeggiate, ci si incontrava, scambiavamo
opinioni ed è nata una grande sintonia e poi è un'amicizia
solidale. All'inizio era un maestro, poi è diventato un amico".
E ricorda che Segre gli aveva "sempre chiesto di riportare
questa frase. Una persona come lui - dice - era meritevole di
essere presente, di essere un suggeritore attento e scrupoloso
del progressismo, della civiltà, del fatto che quello che era
accaduto non doveva mai più avvenire. I nostri erano principi
che dovevano essere e vanno portati avanti".
Accanto al feretro ci sono i gonfaloni delle istituzioni e
delle associazioni partigiane e dei deportati. Per lui anche un
saluto a pugno chiuso di alcuni membri dell'Anpi, l'Associazione
nazionale partigiani, e un picchetto d'onore di consiglieri
comunali con la presidente della Sala Rossa, Maria Grazia
Grippo, e l'assessora Gianna Pentenero. Sul tavolo col libro
delle firme un pannello con la frase "siamo certi che
continueremo ancora a trovare le sue tracce tra le amate
montagne e sentiremo la sua voce laddove dimora il libero
pensiero".
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