"Se la scelta di abbandonare il
nostro territorio può essere compresa quando è necessaria per la
sopravvivenza dell'azienda, non mi pare possa essere accettabile
quando risponde alla logica di moltiplicare in modo esasperato i
profitti: credo che esistano limiti all'accumulo della
ricchezza, oltre i quali non è legittimo sacrificare la vita
delle persone". Lo afferma monsignor Roberto Repole, arcivescovo
di Torino e vescovo di Susa, nel messaggio inviato per la Festa
del Lavoro e la Festa di San Giuseppe Lavoratore. Al centro una
riflessione sul "difficile mestiere degli imprenditori" nel
mercato globale e il problema delle fabbriche che chiudono
nell'area torinese.
"Ciò che non dovrebbe mai accadere, agli operai e agli
impiegati - scrive l'arcivescovo - è perdere il lavoro in
aziende che godono di buona salute e stanno producendo ricchezza
e profitto, eppure non si accontentano: queste aziende, spinte
sovente da logiche esasperate di ricerca di sempre maggiori
guadagni, tagliano i posti di lavoro o li trasferiscono altrove.
È questa, tristemente, una dinamica presente nel mercato
internazionale, a volte guidata dalle valorizzazioni dei titoli
in borsa e talvolta anche dalla ricerca di premialità per i top
manager, che spesso porta anche aziende sane, con buoni
profitti, a chiudere fabbriche".
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