"Non vi sono elementi per
ipotizzare con un minimo grado di fondatezza, tale da meritare
il vaglio di un processo, che il magistrato Andrea Padalino sia
stato vittima di un compotto ordito dai colleghi torinesi e
della procura di Milano". E' quanto scrive il gip Angela Corvi,
del tribunale di Brescia, nel provvedimento con cui ha
archiviato la posizione di sette pubblici ministeri in servizio
nelle due città (all'epoca dei fatti al vaglio delle indagini).
Il giudice però ha trasmesso le carte alla procura di Milano
perché si valuti un ultimo episodio, per il quale il nome di
Armando Spataro, ex capo della procura di Torino e in pensione
al dicembre del 2018, fu iscritto nel registro degli indagati
per "rifiuto in atti di ufficio". In questo caso la gip Corvi ha
preso atto che, per ragioni di "competenza funzionale", non ha
titoli per pronunciarsi, dal momento che non ci sono magistrati
milanesi interessati.
Il fascicolo era stato aperto dopo un esposto di Padalino. Il
magistrato, quando era in servizio a Torino come pubblico
ministero, era stato indagato per una vicenda di presunti favori
in procura. Al processo, celebrato a Milano, fu assolto.
Un "divieto" impartito dall'allora procuratore capo Armando
Spataro ai pubblici ministeri che stavano indagando sul collega
Andrea Padalino per i presunti favori nel Palazzo di giustizia
di Torino. Sarà questo l'episodio di cui, per iniziativa del
tribunale di Brescia, che ha dichiarato la propria "incompetenza
funzionale", dovrà occuparsi la procura di Milano. A parlare del
"divieto", come si ricava dalla lettura degli atti, sono stati
Anna Maria Loreto, succeduta a Spataro alla guida della procura
subalpina, e tre pubblici ministeri torinesi. La procura di
Brescia ha già fatto presente che a proprio parere non si
configurano illeciti di carattere penale. Padalino, nell'esposto
che diede il via alle indagini, lamentò, fra l'altro, il mancato
invio da parte di Spataro ai pm di Milano dei resoconti di due
procuratori aggiunti (Paolo Borgna e Patrizia Caputo) che
avrebbero potuto scagionarlo subito, senza passare per il vaglio
di un processo. Il gip del tribunale di Brescia, in proposito,
riporta ampi stralci di una relazione presentata nel 2023 da
Anna Maria Loreto. Se ne ricava che i pm torinesi chiesero più
volte nel 2017 di ascoltare Borgna come testimone "vedendosi
sempre opporre un netto rifiuto" da parte di Spataro. "In luogo
della testimonianza - è quanto afferma Loreto - il dottor
Spataro si determinò a chiedere al dottor Borgna di redigere una
relazione assicurandolo, su sua richiesta, che non sarebbe mai
entrata nel fascicolo". Il documento, che non conteneva accuse
contro Padalino, venne fatto leggere ai tre pm torinesi che
stavano lavorando al caso (con l'"espresso divieto" di inserirlo
negli atti di indagine). Poi, una volta classificato 'a
protocollo riservato', fu chiuso in cassaforte. Dopo il
pensionamento di Spataro fu lo stesso Borgna, diventato reggente
della procura, a trasmetterlo alla procura di Milano il 7 marzo
2019. Per questo episodio i pm di Brescia hanno chiesto
l'archiviazione non ravvisando illeciti di carattere penale. Il
gip del tribunale bresciano non è entrato nel merito della
questione e si è limitato ad osservare che, non essendo
interessati a nessun titolo magistrati milanesi, la questione
non è di sua competenza.
Nell'esposto che diede il via all'inchiesta, Padalino osserva
che le due relazioni erano "la prova decisiva e insormontabile"
della propria innocenza: la prima, di Paolo Borgna, restò
custodita nel 'protocollo riservato' per più di un anno; la
seconda, di Patrizia Caputo, per 13 giorni. Il magistrato
afferma che Spataro le consegnò ai pubblici ministeri torinesi
solo "un paio di giorni prima del suo pensionamento", nel
dicembre del 2018. Nel capoluogo lombardo furono trasmesse -
sempre secondo quanto ricostruisce Padalino - solo il 7 marzo
2019 per iniziativa di Paolo Borgna, che nel frattempo era
diventato procuratore reggente.
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