"La politica ha sempre dei costi
che bisogna essere disposti a pagare. Quali? Dipende dalla
contingenza. Nell'Italia del 2024 questi costi sono
relativamente bassi. Ma in certi contesti si paga anche con la
vita: accade per esempio in Palestina, dove chi ha il destino di
nascere palestinese paga per il solo fatto di esserlo". Lo ha
detto Guido Borio, 70 anni, nel corso del suo intervento in
tribunale, a Torino, nel processo dove è fra gli imputati di
associazione per delinquere per le attività del centro sociale
Askatasuna. Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli
anni Ottanta, Borio militò in una formazione clandestina
chiamata Nuclei Comunisti Territoriali, di area autonoma, la cui
azione più eclatante fu, nel 1980, un sabotaggio alla ditta
Framtek (gruppo Fiat) nel corso del quale perse la vita un
sorvegliante. Dopo avere scontato una lunga pena detentiva e un
periodo in semilibertà, Borio ha ripreso a lavorare nel settore
delle cooperative sociali. La procura ritiene che sia una sorta
di 'ideologo' dei militanti di Askatasuna. "Conosco il centro
sociale - ha risposto - ma ci sono andato pochissime volte nel
corso degli anni per seguire qualche dibattito pubblico. I
momenti ricreativi, come i concerti, mi interessavano poco anche
quando ero giovane. Non ho mai partecipato a riunioni. E nemmeno
mi risulta che ce ne siano state". Parlando del "prezzo" della
politica e della militanza, Borio si è commosso, in aula, quando
ha fatto cenno "ai fucilati della Resistenza".
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