Dopo sei anni di accuse, un periodo
agli arresti domiciliari e due gradi di giudizio un cuneese è
stato assolto dalle imputazioni di violenza sessuale sulla
figlia e di maltrattamenti sulla moglie. La sentenza del
tribunale di Cuneo è stata confermata a Torino dalla Corte
d'appello nonostante una richiesta di condanna a 6 anni e 8 mesi
di reclusione presentata dalla procura generale. Secondo gli
avvocati difensori, Maurizio Riverditi e Lucilla Amerio, la
vicenda "pone l'accento sulla necessità di processi penali che
rispettino non solo le regole formali, ma anche i diritti delle
persone coinvolte". "Questo - aggiungono - non è soltanto un
caso risolto, ma un invito a ripensare il modo in cui la
giustizia accompagna chi si trova ad esserne protagonista".
Riverditi è docente nel dipartimento di giurisprudenza
dell'Università di Torino.
"La giustizia ha fatto il suo corso ma questi anni non mi
verranno mai restituiti", ha dichiarato l'uomo, che si è sempre
professato innocente. Nel corso del processo d'appello la
procura generale aveva chiesto e ottenuto di svolgere una nuova
serie di accertamenti. La perizia tecnica sulla capacità della
figlia, oggi maggiorenne, ha confermato l'esito di primo grado:
la ragazza, a causa di una condizione di fragilità psicologica,
non era in grado di testimoniare in modo autonomo. Secondo la
difesa, inoltre, le dichiarazioni della madre sono risultate
"incoerenti e contraddittorie". Nonostante questo la pubblica
accusa "ha insistito con una condanna severa". "Ogni
procedimento - spiegano Riverditi e Amerio - richiede equilibrio
e senso di responsabilità da parte di tutti gli attori
coinvolti. La ricerca della verità non può ignorare la necessità
di tutelare la dignità dell'imputato e prevenire sofferenze
sproporzionate. Questi principi sono fondamentali per preservare
il valore e la credibilità della giustizia". "Qui - sottolinea
il professore - la doppia assoluzione, raggiunta nonostante una
richiesta di condanna così elevata, solleva domande
sull'equilibrio tra accertamento della verità e tutela umana. Un
sistema giustizia deve saper bilanciare entrambe le esigenze,
senza trasformare il processo stesso in una pena".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA