In una gara pubblica non è legittimo
assegnare un bonus solo perché l'impresa è guidata da una donna,
perché questo penalizza il genere maschile e dà luogo a "una
sorta di discriminazione al contrario". E' la convinzione della
sezione di Lecce del Tar Puglia che ha accolto il ricorso di un
imprenditore contro il Comune di Salve (Lecce) che nel 2020 ha
assegnato un posteggio per l'attività di commercio pubblico a
una ditta guidata da una donna che si è aggiudicata un punto in
più grazie a un 'bonus' per l'imprenditoria femminile. Contro
l'esito della gara l'imprenditore secondo classificato ha
presentato un ricorso che il Tar della Puglia ha accolto.
Secondo i giudici "la disposizione dell'Avviso pubblico che
ha previsto l'assegnazione 'tout court' di un ulteriore punto
per l'impresa femminile viola il divieto, normativamente imposto
in primo luogo a livello costituzionale, di ogni discriminazione
sulla base del sesso", e "ridonda in una previsione
oggettivamente discriminatoria per il sesso maschile, ossia in
una sorta di discriminazione a contrario".
Per il Tar, infatti, "la contestata disposizione dell'Avviso
pubblico in questione - seppure iscrivibile nell'alveo delle
misure di sostegno alla imprenditoria femminile, adottate con il
meritorio obiettivo di promuovere le pari opportunità in un
settore evidentemente caratterizzato da un tasso di disparità
uomo-donna", viola i "principi di non discriminazione e di
parità di trattamento tra donne e uomini, sanciti dalle plurime
disposizioni sovranazionali, costituzionali e legislative,
oltreché dei principi, di derivazione comunitaria, di
concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione fra
operatori economici".
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