Il gup del Tribunale di Bari
Antonella Cafagna ha condannato 121 imputati a pene comprese tra
i 30 anni e un anno e sei mesi di reclusione e ne ha assolti
altri 14 al termine del processo a presunti capi e affiliati del
clan mafioso Strisciuglio di Bari. Gli imputati sono accusati
associazione mafiosa, traffico e detenzione di droga e armi,
estorsioni a commercianti, lesioni e una rissa nel carcere di
Bari risalente al gennaio 2016 che coinvolse 41 detenuti con
lamette e taglierini, nella quale rimasero feriti anche alcuni
agenti penitenziari. Al termine della requisitoria, nell'aula
bunker del Tribunale di Bitonto, i pm Iolanda Daniela Chimienti
e Marco D'Agostino avevano chiesto la condanna per i 135
imputati che avevano scelto il rito abbreviato (altri 15 sono
stati rinviati a giudizio) invocando pene comprese tra i 20 anni
e i 22 mesi di reclusione. La pena più alta, 30 anni, è stata
inflitta a Giuseppe Misceo detto 'Peppino il fantasma'. Tra gli
altri sono stati condannati a 20 anni di reclusione i boss Vito
Valentino, Lorenzo Caldarola, Alessandro Ruta, Saverio
Faccilongo, Vito Catacchio e Giacomo Campanale.
L'indagine di polizia e carabinieri, chiamata "Vortice
maestrale", ha ricostruito - anche grazie alle dichiarazioni di
21 collaboratori di giustizia - gerarchia e attività illecite
del clan, dal 2015, per il controllo del territorio nei
quartieri baresi Libertà, roccaforte storica del gruppo mafioso,
San Paolo, San Pio-Enziteto, Santo Spirito e San Girolamo e nei
comuni di Palo del Colle e Conversano. Tra gli episodi
contestati ci sono un tentativo di intimidazione alla famiglia
di un "pentito" della provincia, con 600 grammi di tritolo
lasciati davanti alla porta di casa, aggressioni con mazze da
baseball per donne contese, lettere dal carcere con ordini di
uccidere, droga e telefonini fatti entrare nelle celle con
fionde, droni o tramite parenti in visita. Gli imputati sono
stati condannati a risarcire le parti civili: l'associazione
Libera e il Comune di Bari.
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