Tra le 26 persone soccorse in mare
dalla nave Geo Barents giunta questa mattina al porto di
Brindisi ci sono anche Omar, Ali e Fikru, tre ventenni che hanno
raccontato al team di Medici senza frontiere la loro detenzione
in Libia: "Non c'erano finestre, il nostro respiro creava vapore
che ci gocciolava addosso. Era pieno di batteri e germi. Era
così buio. Non sapevamo se fosse mattina o notte. L'unica luce
che vedevamo - hanno riferito - era quando aprivano la porta per
gettarci il cibo dentro, ma poi la richiudevano. Il momento più
bello è stato quando hanno aperto quella porta e finalmente
abbiamo potuto sentire un odore diverso da quello di marcio del
posto in cui eravamo".
Ali ricorda la traversata in mare. "Eravamo sulla barca da
cinque ore - racconta - quando si è rotto il motore. I bambini
piangevano, eravamo molto preoccupati per la famiglia che era
con noi. Speravamo che qualcuno ci aiutasse. Quando abbiamo
chiamato Alarm Phone ci hanno detto che presto avremmo avuto
assistenza. Quando abbiamo visto la Geo Barents arrivare,
abbiamo temuto che fosse la Guardia Costiera libica perché non
riuscivamo a distinguerla in lontananza. Ma abbiamo sperato che
chiunque fosse ci salvasse". "Avevamo perso la speranza -
sottolinea - finché non abbiamo visto le barche veloci
avvicinarsi. Era impossibile che la Guardia Costiera libica
avesse quelle imbarcazioni. Quando abbiamo visto Msf, ci siamo
sentiti di nuovo vivi".
Fikru ora spera che la sua vita sia migliore. "Mio padre è
molto malato - afferma - e non può lavorare. Voglio essere in
grado di garantire a lui e a mio fratello minore una vita
dignitosa".
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