Un Paese dei campanelli,
messo in scena per il centenario dell'operetta di Carlo Lombardo
e Virgilio Ranzato, ambientato su un transatlantico, Il turco in
Italia di Rossini che si svolge in uno stabilimento balneare
pugliese negli anni Sessanta, con tanto di cabine in legno,
balli di gruppo tipo Alligalli e fricchettoni: ha un'aria
indubbiamente vacanziera, almeno al primo sguardo, la 49/a
edizione del Festival della Valle d'Itria che quest'anno ha
deciso di concentrarsi sull'opera buffa.
Il repertorio buffo, ha sottolineato il direttore artistico
della kermesse Sebastian Schwarz, "nelle sue diverse
declinazioni è spesso comparso nella storia dell'opera in epoche
segnate da crisi profonde". Il paese dei campanelli, ad esempio,
satira sui tradimenti, le delazioni e la morale bacchettona, è
stato composto nel 1923, anno dopo l'ascesa del fascismo. Per
l'occasione il regista sudafricano Alessandro Talevi ha voluto
ambientare la storia dell'isola anglo-olandese dove, nel momento
in cui una moglie tradisce il marito, iniziano a suonare i
campanelli che si trovano sopra ogni casa, nella sala da ballo
di una nave da crociera degli anni '30 dove ad illuminarsi e
suonare sono le lampade sopra i tavolini, cercando di mostrare
il tentativo frustrato di emancipazione femminile dell'epoca.
Una quasi novità è anche Il turco in Italia di Rossini, qui
messo in scena nella versione di Roma del 1815. Una
"interessante riscoperta" secondo il direttore Spotti che
nell'allestimento di Silvia Paoli si è messo in gioco anche come
attore insieme a un cast di voci interessanti a partire da
Adolfo Corrado nel ruolo del protagonista Selim, fresco di
vittoria del concorso Cardiff BBC singer of the world. Con lui
Giuliana Giannantonio nel ruolo di Donna Fiorella, Giulio
Mastrototaro in quello del marito tradito Don Geronio, Ekaterina
Romanova come la zingara Zaida, qui in versione fricchettona.
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