Alcuni poliziotti sarebbero indagati
per torture nell'inchiesta che la Procura speciale di Astana, in
Kazakistan, ha aperto per fare luce sugli abusi che la 18enne
italiana Amina Milo ha denunciato di aver subito durante i
giorni in cui sarebbe stata detenuta da alcuni agenti in un
appartamento "segreto" dove sarebbe stata "maltrattata e
picchiata", e dove avrebbe "subito dei tentativi di stupro". Lo
comunica all'ANSA il legale di Amina, Alibek Sekerov, precisando
che in giornata "ci sarà un altro confronto in Procura con uno
degli agenti indagati e con altri testimoni".
Amina, secondo quanto ricostruito dai suoi genitori e dal suo
legale, è stata fermata a Astana dalla polizia il 18 giugno
mentre era in giro con un coetaneo del posto. Il ragazzo avrebbe
avuto con sé dello stupefacente ma Amina - precisa il legale -
"non sapeva nulla che il ragazzo avesse della droga". E anche
gli esami tossicologici non hanno evidenziato la presenza di
alcuna sostanza nel sangue di Amina che quindi "è stata detenuta
senza alcun motivo".
Dopo il fermo, Amina - secondo quanto riferito - è stata
portata dalla polizia in un appartamento privato dal quale poi
un agente avrebbe chiamato sua madre, Assemgul Sapenova,
chiedendole 60mila euro per il rilascio di sua figlia. La madre
a quel punto, su consiglio dell'avvocato Sekerov, si è rivolta
all'ambasciata italiana che ha ottenuto il rilascio della
18enne. Pochi giorni dopo, però, l'11 luglio, Amina è stata
nuovamente convocata dalla polizia che l'ha arrestata per
traffico internazionale di droga, dopo averle fatto firmare dei
documenti che la giovane non comprendeva perché, vivendo in
Italia da quando aveva otto anni, non parla né russo né kazako.
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