"Lo sport è uno
spettacolo straordinario, ma se ci fermassimo allo spettacolo ne
perderemmo il senso vero, che è squadra, tecnologia, persone che
si mettono alla prova, sentimenti, passioni, ma anche lavoro
tecnologico e di preparazione per affrontare competizioni in cui
non conta solo vincere ma anche migliorarsi". Lo dice all'ANSA
Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli, che ha
presentato in un incontro con il pubblico al Festival Il libro
Possibile, in corso a Polignano, il volume L'officina dello
sport (Marsilio Arte), dedicato agli aspetti che stanno attorno
a ogni momento della competizione
Per Pirelli questo legame è nato "con le prime gomme per le
corse di biciclette e poi il raid automobilistico Pechino -
Parigi del 1907. Per noi - spiega - le competizioni sportive,
quelle ciclistiche, automobilistiche e motociclistiche sono
sempre state anche una straordinaria officina a cielo aperto,
per testare prodotti e prestazioni, ma anche per costruire uno
spirito di squadra". D'altronde "la parola competizione viene
dal latino, cum che vuole dire insieme e petere. Certo c'è il
campione che vince, ma alle sue spalle c'è tutto un mondo che
vale la pena di raccontare". Per Calabrò "la preparazione delle
ragazze e dei ragazzi allo sport dovrebbe essere più accurata
fin dalla scuola elementare. Non solo sulle prestazioni ma anche
su quello dello sport rappresenta in termini di cultura civile,
di piacere dello stare insieme, di gareggiare e costruire
opportunità migliori".
Il lato coesivo dello sport "lo vediamo in questi giorni
anche con il tennis, fino a non molto tempo fa considerato
d'elite e solitario. Siamo tutti qui a fare il tifo per dei
ragazzi che vincono al di là delle aspettative, ma dietro la
Paolini o Sinner ci sono squadre intere. Non solo la tecnologia
delle racchette e delle palle, come non c'è solo la tecnologia
di Luna Rossa e della grande Pirelli, ma anche le persone che
usano le tecnologie per arrivare a un risultato".
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