La corte d'assise di Taranto
(presidente Filippo Di Todaro, a latere Loredana Galasso e sei
giudici popolari) ha condannato quattro imputati, tre dei quali
accusati di omicidio volontario, nel processo per la morte di
Natale Naser Bahtijari, il 21enne nato a Campi Salentina, di
etnia rom, ucciso la notte tra il 22 e il 23 febbraio 2023 a
Manduria e gettato sotto un cavalcavia della via vecchia
comunale che conduce ad Oria (Brindisi).
Il movente sarebbe da ricondurre a un regolamento di conti
legato allo spaccio di droga.
Ergastolo per Vincenzo Antonio D'Amicis, 27 anni di
reclusione per Simone Dinoi e 25 anni per Domenico D'Oria Palma.
I tre rispondono di concorso in omicidio pluriaggravato dai
motivi futili, dall'avere agito con crudeltà e dal metodo
mafioso; di tentata distruzione e/o soppressione di cadavere; di
concorso in porto in luogo pubblico di armi da punta e da
taglio; di detenzione illegale e ricettazione di arma e relativo
munizionamento.
Dieci anni di carcere sono stati inflitti al nonno di
D'Amicis, Vincenzo Stranieri, ex boss della Sacra corona unita,
soprannominato "stellina", accusato (assieme al nipote) della
rapina dell'auto con la quale Bahtjari si era recato a Manduria.
Secondo l'accusa, avrebbe raggiunto la vettura Fiat 500 con a
bordo le due ragazze che accompagnarono la vittima,
costringendole a lasciare il mezzo e a consegnare loro le
chiavi, con frasi minacciose ("scendete dalla macchina o vi
sparo in testa").
A D'Amicis e Dinoi è contestato inoltre l'acquisto e la
detenzione di sostanza stupefacente e al primo anche il furto
aggravato.
Il pm Milto Stefano De Nozza della Dda di Lecce aveva chiesto
la condanna all'ergastolo per Vincenzo Antonio D'Amicis, 28 anni
di reclusione per Simone Dinoi, 26 anni per Domenico D'Oria
Palma e 12 anni per Vincenzo Stranieri.
Era stato già condannato a 4 anni di reclusione con rito
abbreviato il fratello della vittima, Suad Bahtijari, accusato
di aver ceduto 100 grammi di cocaina ai principali imputati.
Aveva invece patteggiato un anno e quattro mesi di reclusione
con pena sospesa il titolare del pub di Manduria accusato di
favoreggiamento perché, secondo l'accusa, avrebbe disattivato
l'impianto di videosorveglianza dell'attività e ripulito con la
candeggina le tracce di sangue lasciate dalla vittima
all'interno del locale dopo il pestaggio.
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