Nella lettera di contestazione
disciplinare che Intesa Sanpaolo ha inviato il 4 luglio scorso
all'impiegato Vincenzo Coviello emerge che l'istituto di credito
era consapevole che gli accessi abusivi ai conti dei clienti
sarebbero stati "tali da determinare consistenti danni
reputazionali e patrimoniali alla banca". Non a caso Intesa
definisce nella missiva gli accessi abusivi "gravissimi e idonei
a recidere" il rapporto di lavoro, cosa che è avvenuta l'8
agosto 2024.
La banca, quindi, era consapevole del fatto che se la vicenda
fosse diventata di dominio pubblico avrebbe potenzialmente
portato alla perdita di clienti, che l'istituto sarebbe stato
probabilmente sottoposto ad accertamenti e sarebbe stato esposto
a richieste di risarcimento dei danni. Queste due ultime ipotesi
si stanno verificando perché la banca è indagata per la
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (legge
231/2001) e perché diversi legali hanno chiesto informazioni
alla Procura di Bari, che ha indagato Coviello (in concorso
ovvero un ipotetico mandante da identificare, e quindi con un
presunto destinatario delle informazioni) per accesso abusivo ai
sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie
concernenti la sicurezza dello Stato. I legali potrebbero
costituirsi parte civile in un eventuale procedimento penale e
chiedere danni in sede civile.
Secondo l'accusa, dal 21 febbraio 2022 al 24 aprile 2024 il
52enne di Bitonto (Bari) ed ex dipendente della filiale
Agribusiness di Bisceglie (gruppo Intesa) avrebbe effettuato
6.637 accessi abusivi ai dati dei conti correnti di 3.572
clienti sparsi in 679 filiali in tutta Italia. Tra questi conti
anche quelli della premier Giorgia Meloni e della sorella
Arianna, oltre che del presidente del Senato e di alcuni
ministri e personalità pubbliche.
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