(v. 'Furti e traffico di rame e ferro...' delle 07:39)
L'operazione che nel nord Barese ha
portato alla esecuzione di 13 misure cautelari e al sequestro di
tre imprese è stata denominata Black out perché i furti di rame
e ferro che sarebbero stati compiuti da alcuni dei 13 indagati
"hanno creato danni di notevole rilievo, come l'aver lasciato
senza rete telefonica e Internet intere zone, oppure aver
portato via i binari della ferrovia con disagi ai viaggiatori".
Lo ha spiegato nel corso di una conferenza stampa il capo della
squadra mobile della questura di Andria, Gianluca Gentiluomo.
Gli indagati, di cui 9 per lo più residenti ad Andria e Trani
e 4 di nazionalità marocchina, alcuni con precedenti, rispondono
di associazione per delinquere finalizzata al furto, riciclaggio
e ricettazione di materiale ferroso. In sette sono finiti in
carcere, due agli arresti domiciliari mentre un'altra persona è
stata sottoposta a obbligo di dimora. Tre imprenditori
responsabili di altrettante imprese con sede a Trani, di cui due
ditte individuali e una srl, sono stati invece raggiunti da
interdittive della durata di un anno che impedirà loro di
"esercitare attività di impresa e contrattare con la Pubblica
amministrazione", ha sottolineato il capitano della guardia di
finanza, Cosimo Carafa, che ha condotto le indagini assieme alla
polizia. Il giro d'affari del gruppo è da quantificare ma i
furti hanno riguardato soprattutto rame che ha un "prezzo che
oscilla tra i 7 e i 10 euro al chilo", ha continuato il
capitano.
Gli accertamenti investigativi, coordinati dalla Procura di
Trani, sono iniziati quasi un anno fa dopo un furto. "Il rame
veniva spesso sottratto da infrastrutture pubbliche come reti
ferroviarie, autostradali, ponti radio e impianti fotovoltaici.
E si capisce bene quali disagi abbiano provocato alla
collettività", ha evidenziato il capo della squadra Mobile. Gli
investigatori hanno appurato che la refurtiva era "ceduta alle
tre imprese coinvolte nell'inchiesta che provvedevano a
reintrodurla nel circuito dell'economia legale attraverso
operazioni di ripulitura possibili anche bruciando le guaine
che rivestivano il materiale ferroso, in piena violazione del
testo unico per l'ambiente", hanno riferito poliziotti e
finanzieri.
Alle due ditte individuali e alla srl sono stati sequestrati
"gli insediamenti produttivi, i beni aziendali, le quote
sociali, i mezzi e i macchinari che consentivo l'attività di
impresa", ha proseguito Carafa chiarendo che "è stata alterata
la libera concorrenza e da qui è arrivata la contestazione della
violazione del decreto legislativo sulla responsabilità
amministrativa degli enti derivante da reato".
"Le tre realtà produttive indagate erano capaci di bonificare
il materiale ferroso rubato anche attraverso la creazione di una
documentazione fittizia che rendesse il materiale lecito per la
rivendita al dettaglio a punti vendita ignari di acquistare
merce rubata", ha concluso Gentiluomo.
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