"Non mi sono pentito neanche un istante, mai". Amadeus non arretra. Il festival sconta un calo di ascolti, con il 42% di share raccolto dalla seconda serata, 11 punti in meno rispetto all'anno scorso, ma il direttore artistico ci mette la faccia e parla di "dati clamorosi". C'è la con concorrenza del calcio, certo, con 4,5 punti rosicchiati dalla serie A. Ma soprattutto c'è da fare i conti con il mood della gente, "con il momento storico che stiamo vivendo: ci sono persone che non sanno se la sera riusciranno a mettere il piatto a tavola, la gente è disperata, il Paese è come se vivesse una guerra".
"E' una situazione anomala - riflette Amadeus, il volto tirato, in conferenza stampa - e tutto questo toglie forza all'evento. L'anno scorso eravamo al massimo dell'entusiasmo, della gioia, dell'assembramento. Tutto questo non c'è più, per questo i dati mi sorprendono in senso positivo. Se sei arrabbiato, non vai alla festa di compleanno del tuo amico. Se hai un problema di lavoro, non vai a ballare sui tavoli".
Organizzato in modalità da emergenza, senza pubblico, in base a protocolli rigidi, con il fiato sospeso fino a poche settimane prima in attesa del via libera del Comitato tecnico scientifico, "Sanremo non è più un evento, ma un programma televisivo e, lasciatemelo dire - rivendica - è il più forte che ci possa essere. Tutto il resto ci è stato tolto. Capiamo che è giusto fare il festival senza pubblico, senza il palco esterno, ma l'evento lo fa tutta la macchina, la sala stampa, le polemiche, le migliaia di persone che arrivavano in città, i cantanti, il pubblico, le signore in prima fila, i politici, tutto ciò che negli anni è stato contestato e amato. Dimenticate quello che il festival è stato per 70 edizioni: quest'anno è un'altra cosa". Perciò "è una gioia maggiore fare il 42%: il 52% dell'anno scorso era una cosa bella, inaspettata, che riguardava un momento opposto rispetto a quello che stiamo vivendo".
Se il direttore di Rai, Stefano Coletta, evoca la metafora del "fiore nato nel deserto", tutta la Rai fa sentire il suo appoggio al frontman del festival: "Le prime telefonate stamattina le ho ricevute dall'amministratore delegato, dal direttore generale, dal direttore, dal vicedirettore: stiamo facendo tutti un lavoro straordinario". Sanremo "consente di far ripartire un settore che come tanti altri è morto da un anno a questa parte, con un riscontro economico e commerciale per l'azienda e per la città, con una presenza di sponsor importanti. E' un segnale di lotta, di non resa". Certo, le polemiche non hanno fatto bene, "ma continuo a pensare - sottolinea - che se avessimo avuto in platea 400-500 medici sarebbe stato bellissimo. E poi, se chiudere Sanremo fosse servito a riaprire i teatri, lo avrei fatto. Ma i teatri sono ancora chiusi".
L'emergenza sanitaria ha condizionato anche il parterre degli ospiti: "Penso a Naomi Campbell, che ha dovuto rinunciare". E a Celentano e Benigni: "Con nomi di questo calibro, si parte da un'idea e bisogna poterla realizzare in tranquillità. Il Covid ha creato grandi problemi, ci sono persone che hanno paura a uscire di casa e non hanno più vent'anni. Oppure che non possono fare spettacoli come vorrebbero: penso a Lorenzo Jovanotti", sottolinea. "Parliamo di artisti che sono stati chiamati, contattati, ma ho rispetto dei loro no. E comunque rimangono amici: mi mandano messaggi di solidarietà, affetto, amicizia'.
A orientare gli ascolti, riflette Ama, è anche la scelta di un cast musicale innovativo: "L'ho fatto anche per allargare il bacino. Per anni si è detto che i giovani non guardano Sanremo.
La strada del cambiamento è da percorrere fino in fondo: se tornassi indietro, farei le stesse scelte".