di Manuel Scordo
Oltre al danno la beffa. Assume contorni paradossali la storia di Pietro Sini, 55 anni di Porto Torres, appuntato dei carabinieri in congedo dopo l'attentato del 12 novembre 2003 a Nassiriya, al quale scampò per puro caso e che gli valse la medaglia d'oro quale vittima di terrorismo. Una medaglia che lui ha restituito un anno fa al comando generale dell'Arma, in aperta polemica con lo Stato perchè non gli ha riconosciuto l'aggravamento della sua invalidità, ferma al 25%. Ora, però, a Sini - e qui la beffa che lui denuncia - viene chiesto il pagamento del conio: 1.410 euro, graziandola dell'Iva. "Dal giorno di quel gesto nessuno mi ha mai chiamato per parlarmi, per chiedere il motivo della mia decisione - racconta all'ANSA l'ex carabiniere - in compenso hanno voluto la mia presenza alle cerimonie e alle commemorazioni: 'la mia figura è importante per tutti', mi dicevano".
Quelle telefonate tanto attese le ha iniziate a ricevere qualche giorno fa. Ma di tenore completatamene diverso. "Mi hanno detto di andare in caserma a ritirare un atto della Prefettura di Sassari, mantenendo la massima riservatezza sul contenuto". Così, questa mattina alle 10.30 l'ex appuntato ha varcato la soglia della Compagnia di Porto Torres scoprendo che gli venivano chiesti i soldi per il conio della medaglia d'oro da lui rifiutata. "E' una cosa assurda - denuncia Sini, che nel frattempo da dato tutto in mano al suo avvocato - sono stato io stesso, a mie spese, a restituire la medaglia portandola fino a Roma. Sono sicuro: questa è una presa di posizione contro di me, perché li ho affrontai pubblicamente". Riformato dopo l'attentato di Nassirya, per il quale riceve una pensione, l'ex carabiniere vive a Porto Torres con la moglie e i due figli. "Quando questa mattina ho chiamato mia moglie per raccontare cosa era accaduto, mi ha chiesto se stessi scherzando: purtroppo no - dice Sini avvilito - questo non è uno scherzo".
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