I numeri sulla curva dei contagi lo preannunciavano ormai da alcuni giorni, ma ora è ufficiale. La Sardegna da lunedì 12 aprile viene retrocessa da arancione a zona rossa. E per l'Isola sarà un risveglio amaro. Ad inchiodarla verso una o due settimane di lockwdown è l'ultimo valore dell'indice di contagiosità (Rt), che risulta il più alto d'Italia a 1.54. Gli altri indicatori non superano le soglie di rischio, alcuni però, come la pressione negli ospedali, si stanno avvicinando. Questo è bastato alla cabina di regia nazionale - che si muove in base alle rilevazione settimanali dell'Istituto superiore di sanità - per decreatare il cambiamento di colore in Sardegna. Il ministro Speranza firmerà l'ordinanza in queste ore: entrerà in vigore, come detto, a partire da lunedì prossimo.
Eppure l'Isola aveva assaporato in solitario l'agognata zona bianca, scattata agli inizi di marzo e durata ben tre settimane, facendo della Sardegna la regione più invidiata d'Italia: nessun'altra infatti ha mai avuto il privilegio di entrare in una fascia di rischio bassissima, godendo di molte riaperture che da lunedì torneranno ad essere un miraggio. Gli esperti concordano nel dire che il "tesoretto" si è presto esaurito a causa dei comportamenti scorretti tenuti dai singoli cittadini. Hanno inteso la zona bianca come un "liberi tutti", affollando bar e ristoranti giorno e notte, organizzando matrimoni e battesimi con decine e decine di invitati, infilandosi in locali angusti e al chiuso senza mascherine e senza alcun distanziamento.
E il virus questo ai sardi non l'ha perdonato. I contagi hanno ripreso a correre, i posti letto sono tornati a riempirsi sia in area medica che in terapia intensiva e si è registrata una altalena del tasso di positività, oggi fissato al 4,7% con 380 nuovi casi e 4 decessi. La 'sbornia' da zona bianca ha fiaccato soprattutto i piccoli Comuni: con il passare dei giorni molti sindaci si sono visti costretti a firmare ordinanze con le quali hanno introdotto la zona rossa: attualmente sono 16 i paesi in totale lockdown. I ritardi nella campagna vaccinale hanno fatto il resto.
Nelle tre settimane 'bianche' la scarsità di forniture ma anche la mancanza di personale e una logistica ancora da mettere a punto, non hanno consentito quella accelerata che avrebbe potuto rallentare la corsa del Covid, grazie a una seppur parziale immunizzazione della popolazione. Così, come nel gioco dell'oca, ora si torna al punto di partenza. Da lunedì tutti - o quasi - costretti a casa: spostamenti consentiti solo per lavoro, salute o necessità; chiusi tutti i negozi al dettaglio, tranne i rivenditori di generi alimentari, le farmacie, le parafarmacie, i tabaccai, le edicole.
Sono aperti anche lavanderie, ferramenta, ottici, fiorai, librerie, cartolerie, informatica, negozi di abbigliamento per bambini e di giocattoli, profumerie, pompe funebri, distributori automatici. Stop anche a parrucchieri ed estetisti, mentre è consentita la vendita con asporto di cibi e bevande. Confermato, infine, il coprifuoco dalle 22.
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