Una poeta e una coralità di voci fuori campo, singolare e plurale, maschile e femminile. Una folla di anime, un intrecciarsi di teste pensanti, vicissitudini e identità fluttuanti. Uno sguardo - ravvicinato e distante - su un'umanità dove "ognuno prova a dare una forma al proprio materiale esistenziale". Disegna questo e altri scenari Lorena Carboni, scrittrice sardo-lombarda ne "L'ospite indelicato", sua terza raccolta poetica, edizioni Nem per la collana Presenze.
L'autrice - madre milanese, padre sardo, vive e lavora nel capoluogo lombardo - dà spazio agli artisti che predilige, si alterna al fratello, all'amico poeta, al compagno di una vita, all'amica di sempre, suoi alter ego, per dar vita a una sorta di gioco delle illusioni. Un continuo "dentro e fuori", "vero e finto", "assenze e presenze". Tuttavia il racconto procede lineare: Carboni ordina le storie, le incasella. "Archivia" pezzi di esistenze che riportano all'idea ora dell'autodistruzione e dell'annullamento ora del rifugiarsi o desiderare di essere ancora "presenza viva". Viaggio tra storie personali, familiari, universali.
Tradotte in versi creano una musica e tracciano, come una puntina sul solco di un vinile, un'impronta cinematografica e pittorica, tra Richter, Bacon, Chardin, Morandi. Un mondo delle immagini dove la sostanza artistica e culturale si contrappone ai diktat della civiltà dell'apparire, degli "io" dilaganti, del narcisismo che trova sempre finestre, porte socchiuse, squarci, fessure, per insinuarsi nelle esistenze. E che non sfugge nemmeno davanti alla rappresentazione della morte.
A far da sottofondo ai versi, le vite degli altri, spiate, scovate nelle cronache in bianco e nero o nei cassetti di scrivanie d'antan. Ancora, dipinte nel loro dispiegarsi di ali verso un altrove desiderato, inseguito, tra cielo, mare, specchi argentati, linee di confine da oltrepassare. Aggancia una storia all'altra l'autrice per far riaffiorare frammenti di un passato in qualche modo rimosso.
Convivono nelle 108 pagine scarni spunti biografici e personali e suggestioni di epoche, fatti, luoghi, persone, idee. In questo gioco del perdersi, annullarsi, affiora, anche se opaca e intermittente, una luce: l'impulso di volgere lo sguardo oltre le linee di confine per strappare al passato e al presente ancora altri pezzi di vita. La parola poetica prende forma, si fa immagine, scarnificata, sfrondata, quasi un vangoghiano filo d'erba, per trovare quella bellezza poco abbagliante ma essenziale e viva.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA