"Una storia d'amore disperata e
di struggente bellezza che mette a nudo le inquietudini del
cuore". Così Carla Moreni, apprezzata musicologa, nel
presentare nel foyer del Lirico di Cagliari, Manon Lescaut.
L'indiscusso capolavoro giovanile di Puccini va in scena dal 7
ottobre, sette le repliche fino al 15. Regia di Aldo Tarabella,
sul podio Gianluca Marcianò, allestimento del Teatro del Giglio
di Lucca, in coproduzione con importanti teatri italiani.
Terza opera del grande compositore di Lucca, si ispira al
settecentesco romanzo dell'abate Prévost. La "prima" al Regio di
Torino nel 1893 fu accolta da un tripudio. "Puccini nonostante
il successo della prima, continuò a rielaborare la partitura,
per trent'anni, fino alla fine della vita. Nelle diverse otto
versioni non comparve il nome del librettista, perché in troppi
vi avevano lavorato, e così l'editore Ricordi preferì pubblicare
il testo dell'opera anonimo", ha rimarcato Moreni. Arriva cinque
anni dopo la Manon Lescaut di Massenet, intrisa non di "cipria e
minuetti" ma di "disperata passione", riprende l' esperta.
"Nella sua personale rilettura della tormentata e infelice
storia dei due giovani amanti- ha fatto emergere la musicologa -
si fondono i diversi registri, passionale, frivolo, tragico,
umoristico, parodistico".
Un' opera sinfonica innovativa "dal punto di vista teatrale e
musicale: ricca la vena melodica con tante arie godibili e
belcantistiche, tracce di elementi wagneriani nella scrittura
orchestrale di stampo italiano - ha osservato - Puccini con
maestria, riutilizza elementi anticati e li fa diventare
contemporanei creando una partitura dai disegni che sembrano
presi da un manuale di contrappunto", ha aggiunto nel
sottolineare la grande forza del capolavoro pucciniano. Si è poi
soffermata sulla trama, l'esperta, mettendo in luce la
tormentata storia di amore, tradimento, passione, perdizione,
solitudine, morte. Poi sulla figura della protagonista.
"Affiora un personaggio arguto, astuto, dalla spiccata
femminilità, una autentica femme fatale disinvolta, con la
frivolezza della giovinezza, tema dominante di quest'opera,
capace di essere spregiudicata, una donna dominante, che conduce
l'amato alla perdizione, come le eroine pucciniane. Per poi
nell'atto finale svelare tutta la sua fragilità. Metafora forse
autobiografica del passaggio dalla dimensione della
spensieratezza a quella dell'età adulta di disperazione e
distruzione".
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