Futuro senza forze fresche per la Sardegna per trovare una via di uscita alla crisi economica e al divario che accomuna l'isola al sud Italia. Nel senso che la popolazione fra i 15 e i 64 anni diminuisce anno dopo anno a causa degli effetti del calo demografico. E lo scenario della Sardegna nel 2050 prevede che in questa fascia ci sarà solo circa il 48% della popolazione. Contro la media nazionale sopra il 53% e quella superiore al 52% del Mezzogiorno. È uno dei problemi chiave illustrati in un convegno nell'aula magna del rettorato dell'Università di Cagliari. Al centro del dibattito proprio un rapporto di Bankitalia sul gap tra nord e Mezzogiorno.
Il rischio demografico è reale. Popolazione attiva in marcata e progressiva diminuzione. E quindi popolazione contenuta in un territorio vasto. Riassumendo: pochi e lontani. Con un mercato interno che rischia di indebolirsi sempre di più, anno dopo anno. Le slides mostrate da Rosario Maria Ballatore, esperto della sede di Cagliari di Bankitalia raccontano anche una Sardegna con meno industria e più servizi, soprattutto per il tempo libero, dalla ristorazione agli alloggi quando. Unica consolazione: rispetto al resto del Mezzogiorno ci sono meno criminalità organizzata e meno corruzione.
Fattori di possibile crescita? La transizione energetica può essere un rischio o una chance. Al momento, con l'uscita dal carbone, l'isola è parzialmente priva (perché non ha la dorsale) di gas naturale. Ha invece una capacità produttiva sempre crescente derivata da fonti rinnovabili. Con qualche punto interrogativo, si legge nel rapporto: stabilità energetica? Effetti sulle economie locali? Altra domanda: l'insularità richiede maggiore attenzione alla sicurezza energetica? Se ne è parlato nella tavola rotonda che ha seguito la presentazione del report. Tra i partecipanti anche Renato Soru, presidente e fondatore di Tiscali. E Barbara Porru, presidente del consorzio industriale provinciale di Cagliari.
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