La stagione del riso appena
conclusa ha segnato per la Sardegna una produzione in crescita
che si dovrebbe attestare, secondo le stime dell'ente nazionale
risi, intorno ai 280mila quintali raccolti su una superficie di
circa 3800 ettari: per il 90% prodotti nel distretto di Oristano
e per la parte rimanente nell'area di San Gavino Monreale. Ad
aiutare questo risultato è stata sicuramente una condizione
climatica particolarmente favorevole che ha accompagnato il
ciclo produttivo fino alle ultime fasi della raccolta, in
chiusura questi giorni.
Anche per il 2023 si conferma inoltre il trend di crescita
regionale delle superfici coltivate, che va avanti da qualche
anno, con un aumento di oltre 100 ettari. Uno stato di salute
del comparto sardo in netta controtendenza rispetto a diversi
settori agricoli, che pagano sempre di più la crisi climatica in
corso e le sue innumerevoli variabili. Segnali positivi giungono
anche dal mercato nazionale dove l'Italia si conferma in cima ai
paesi produttori dell'Unione europea con poco meno di 210mila
ettari di superfici coltivate soprattutto tra Piemonte (circa il
50% di tutta Italia), Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna,
Sardegna, Campania e Calabria. Nonostante l'Isola non raggiunga
in termini quantitativi il 2% del dato nazionale riesce comunque
a ritagliarsi una specificità dovuta a una straordinaria qualità
del prodotto finale e anche del riso da seme.
"La qualità delle produzioni nazionali e sarde e la
concorrenza sui mercati globali è tuttavia condizionata
dall'import che giunge nell'Ue dai giganti asiatici del settore
mondiale: capaci di portare sui banchi dei consumatori del
pianeta l'89,6% del riso, dove la Cina raggiunge il 28,3% e
l'India il 23,8% - spiega Confagricoltura - Un dato
impressionante che, insieme a un bassissimo costo della
manodopera, a livelli di sicurezza sul lavoro quasi inesistenti,
a un uso di prodotti agro-sanitari vietati dalle norme europee e
a particolari accordi dedicati ai paesi in via di sviluppo,
bussa sempre più forte alle porte dei dazi messi a difesa dei
risicoltori dell'Unione europea".
"Il confronto con i mercati globali è sempre più impegnativo
sul piano della concorrenza dei prezzi finali di vendita del
riso. È vero, la nostra qualità è decisamente più alta, ma molti
consumatori non sono spesso nelle condizioni di valorizzare i
prodotti di eccellenza con prezzi di vendita che devono essere
per forza più alti - dice Tonino Sanna, risicoltore e presidente
di Confagricoltura Oristano - È necessario aumentare i controlli
dei prodotti in arrivo in Europa, fare azioni di lobby nei paesi
asiatici affinché siano banditi certi prodotti chimici dalle
lavorazioni agricole e affinché si rispettino le condizioni e i
diritti dei lavoratori, mettendo al bando lo sfruttamento della
manodopera soprattutto minorile. Ecco che indirizziamo il nostro
appello alla Regione e al Governo affinché si facciano
ambasciatori di queste rivendicazioni a Bruxelles".
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