"Non ho mai alzato le mani su
Speranza. Mi sento in colpa perché non ho capito il suo
disagio". Al processo di secondo grado per il femminicidio di
Speranza Ponti, assassinata ad Alghero il 5 dicembre 2019,
l'imputato e compagno della vittima, Massimiliano Farci, davanti
alla Corte d'assise d'appello di Sassari ha rilasciato
dichiarazioni spontenee, ribadendo la sua innocenza e
riproponendo alla giuria la tesi del suicidio.
Farci, condannato in primo grado all'ergastolo, in appello
non fa un passo indietro: "Se avessi chiamato i carabinieri o la
mia famiglia quando ho trovato Speranza morta, oggi non sarei
qua", ha detto rivolgendosi alla Corte.
Il 56enne di Assemini sta già scontando un ergastolo per
l'uccisione nel 1999 dell'imprenditore Renato Baldussi di San
Sperate, ma dal 2016 era in semi libertà e aveva aperto una
pizzeria ad Alghero, dove aveva assunto Speranza Ponti.
"Io sono in carcere da 25 anni, quando nel 2016 ho avuto la
possibilità di uscire ho conosciuto Speranza. La nostra era una
comunissima storia d'amore, ma per me era la mia vita", ha
continuato commuovendosi e trattenendo a stento le lacrime.
"Ho lavorato, forse troppo, ho preso casa, un'auto, ho fatto
di tutto per accontentare Speranza e non farla sentire sola. Mai
ho alzato le mani contro di lei. Mi sento in colpa per non avere
capito il suo disagio, e per questo non riesco a dormire in
pace".
A parlare è stato poi il suo avvocato, Daniele Solinas: "Gli
elementi raccolti dalla Procura e utilizzati dai giudici di
primo grado per produrre la sentenza di condanna non sono
convincenti", ha detto il legale della difesa prima di
contestare il castello dell'accusa e chiedere l'assoluzione per
Farci: "Un'errata valutazione delle prove e degli indizi può
portare a un terribile errore, che chiamerei errore
giudiziario".
La prossima udienza è stata fissata per il 2 febbraio, con le
repliche del pm applicato Angelo Beccu e delle parti civili, gli
avvocati Stefano Carboni e Edoardo Morette. Quindi la sentenza.
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