In Sardegna sono duecentomila,
cinque milioni in tutta Italia, una marea di lavoratrici e
lavoratori che ogni giorno apre bar, negozi e supermercati,
accoglie turisti, garantisce pranzi, cene, ricevimenti, una
marea che venerdì 22 dicembre si fermerà per lo sciopero
nazionale proclamato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e
Uiltrasporti.
I contratti scaduti da troppi anni e l'indisponibilità delle
controparti a rinnovarli sono le ragioni dello stop che in
Sardegna porterà a Cagliari, in piazza Garibaldi, dalle 9.30, la
protesta di un settore che occupa molti giovani e molte donne,
spesso part time o stagionali, flessibili all'eccesso, alla
mercé di orari e turni più che faticosi e salari bassi. "E se
questo è il quadro già insostenibile, oggi - denunciano le sigle
- le controparti vorrebbero persino peggiorarlo, mettendo in
discussione conquiste consolidate come la quattordicesima e gli
scatti di anzianità".
Sono dodici i contratti da rinnovare nei tre settori
coinvolti dallo sciopero (commercio, turismo, ristorazione), per
lo più scaduti dal 2018, con diverse controparti tra cui
Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Distribuzione
cooperativa, Confindustria. "È come se stessero facendo
cartello", accusano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs
spiegando che "non vogliono applicare un indice a cui si fa
riferimento quando si parla di rinnovi". Quell'indice è l'Ipca e
porterebbe a un giusto aumento di trecento euro, cifra per nulla
esosa, secondo i sindacati, se si pensa a quanto salario hanno
perso i lavoratori con l'inflazione.
"Siamo al paradosso - denunciano i segretari regionali Nella
Milazzo (Filcams Cgil), Giuseppe Atzori (Fisascat Cisl) e
Cristiano Ardau (UilTucs Uil) - non solo non vogliono
riconoscere gli aumenti retributivi per contrastare l'inflazione
come previsto dagli accordi interconfederali ma pretendono anche
di manomettere diritti come gli scatti di anzianità, i permessi
retribuiti, e chiedono sempre più flessibilità in settori in cui
è già elevatissima al punto che rende quasi impossibile
conciliare i tempi di vita e lavoro".
Al contrario, i sindacati chiedono di migliorare le parti
normative che riguardano i tempi di lavoro, il sostegno alla
genitorialità, la trasformazione dei troppi part-time
involontari, un impegno fattivo per contrastare molestie,
violenze e discriminazioni che sono purtroppo diffusi anche nei
luoghi di lavoro.
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