Novantatre anni passati in campagna, tra i pascoli per il suo gregge, tutti terreni di famiglia da generazioni a Capo Malfatano, un tratto fra i più belli e incontaminati della costa sud-occidentale della Sardegna. Ha ceduto solo di recente, quando le sue condizioni di salute gli hanno impedito di continuare a fare il pastore. E lui si è così dovuto ritirare in paese, a Teulada, nella casa dei suoi cari.
E' qui che Ovidio Marras ha lasciato per sempre la sua terra, quei pascoli che lo hanno reso famoso in mezzo mondo (di lui si occupò anche il New York Times) per averli difesi con tutte le sue forze dagli appetiti degli speculatori edilizi pronti a costruire su quel tratto di costa un mega resort di lusso in riva al mare. La notizia della sua morte è rimbalzata sui social con decine di commenti e ricordi di coloro che lo avevano conosciuto e affiancato la sua battaglia: Davide contro Golia, venne ribattezzata all'epoca sulla stampa.
"Se fossimo tutti come Ovidio Marras...", si legge in post dell'associazione Sardegna rubata e depredata che lo ricorda "da solo contro un esercito di avvocati, gruppi immobiliari e speculatori. Chiunque non avrebbe avuto scampo ma lui era più testardo e caparbio di chiunque". "Oggi ci lascia un grande uomo e soprattutto un grande sardo", scrivono su Fb le Guardie ambientali di Sardegna. Per realizzare il suo progetto, il gigante immobiliare aveva deviato l'antico stradello del suo podere, innescando una causa vinta alla fine da Ovidio.
Affiancato da Italia Nostra il pastore portò in tribunale la Sitas (Società iniziative agricole sarde), acronimo dietro al quale tiravano le fila i gruppi Benetton, Toti e Caltagirone, praticamente il gotha del settore finanziario-immobiliare italiano, che con il supporto di Monte Paschi Siena avevano puntato gli occhi su una delle aree marine più belle dell'Isola, tutelata da stretti vincoli paesaggistici.
Il gran rifiuto di Ovidio risale al 2010 quando dice no a cifre spaventose per cedere la terra di famiglia alla Sitas: "Guardate - disse risoluto - che io non vendo, questa è la terra di mio padre e del padre di mio padre e me la tengo e voi qui intorno non avete diritto di costruire". Nel 2018 la società viene dichiarata fallita dal tribunale di Cagliari.
A chiedere il fallimento erano state alcune imprese di Teulada, coinvolte nella costruzione del resort a 312 metri dalla battigia di Malfatano-Tuerredda, destinato alla gestione del gruppo Marcegaglia e abbandonato dopo lo stop ai lavori seguito alle vittorie giudiziarie del vecchio Ovidio e di Italia Nostra.
Il sindaco di Teulada Angelo Milia conferma "che i solidi principi morali e l'onorevole attaccamento alle sue terre meritano tutto il rispetto" ma evita di entrare nel merito della vicenda giudiziaria che ha portato allo stop del complesso turistico: "è stata una sconfitta per tutta la comunità di Teulada", il suo commento. "Il sistema che consente l'autorizzazione alla costruzione per poi interrompere i lavori - chiarisce - ha generato come unico risultato il danneggiamento degli investitori, che avevano ottenuto tutte le autorizzazioni, e ha compromesso paesaggisticamente il territorio, creando un complicato problema giudiziario di difficile risoluzione. Questo sistema è, quantomeno, discutibile, se non altro".
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