La Corte Costituzionale ha
respinto il ricorso presentato dal Consiglio dei ministri contro
la legge varata il 5 maggio 2023 dalla Regione Sardegna che ha
autorizzato l'innalzamento del massimale fino al limite di 1.800
pazienti, su base volontaria, per i medici di famiglia.
Il provvedimento era stato adottato per dare una risposta
immediata ai cittadini che vivono nei territori in cui si
registra una carenza di medici di base e garantire così il
diritto alla salute richiamato dall'articolo 32 della
Costituzione. La norma era stata impugnata dal Cdm lo scorso 28
giugno per questioni di legittimità costituzionale. Palazzo
Chigi riteneva che alle Regioni non fosse consentita l'adozione
di una normativa che andasse a incidere su un rapporto di lavoro
e si sostituisse così alla contrattazione collettiva. Una
competenza, sostenevano, che esulava da quelle riconosciute al
legislatore regionale dalla normativa statale.
La Regione, riaffermando la bontà del provvedimento
approvato, ne aveva giustificato l'adozione evidenziando la
conformazione territoriale dell'isola, caratterizzata da pochi
grandi centri urbani e molteplici paesi sparsi in un vasto
territorio, lontani e mal collegati, situati, anche su isole
minori e in montagna.
Motivazioni ritenute valide dalla Consulta che ha accolto le
argomentazioni della Regione sottolineando, nella sentenza, che
il limite del massimale può essere condizionato dalla
organizzazione territoriale del servizio sanitario. Pertanto, la
deroga al contratto nazionale che consente l'incremento a 1800
assistiti, così come l'ha stabilita la legge regionale, è stata
dichiarata dalla Corte Costituzionale pienamente legittima.
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