Un documentario per ripercorrere
le vicende legate al disastro nucleare di Chernobyl, seguendo
poeticamente le tracce dei piccoli protagonisti, reduci, a
volte, da una storia dolorosa riscattata dall'amore,
dall'accoglienza e dalla solidarietà di tante famiglie italiane
che hanno aperto il cuore e la propria casa a migliaia di
bambini provenienti dai territori contaminati. "Le cicogne di
Chernobyl", primo lungometraggio scritto e diretto da Karim
Galici, regista, sceneggiatore, attore e manager culturale di
Cagliari, è stato presentato oggi con l'annuncio di due
proiezioni: anteprima nazionale il 15 marzo alle 16, nella Casa
del Cinema di Roma a Villa Borghese, debutto in Sardegna il 19
marzo alle 20 al Cinema Greenwich d'Essai di Cagliari.
Il docufilm, ultimo capitolo della trilogia che insieme
all'Associazione Cittadini del Mondo il regista ha voluto
dedicare all'incontro fra culture, nazionalità diverse con un
particolare focus sull'Europa Orientale, è un insieme di
racconti dove le esperienze vissute dai protagonisti scorrono in
un flusso di rimandi e flash back per ricongiungersi
continuamente con il disastro nucleare da cui tutto è partito.
Storie, non solo di distruzione, ma anche di ponti che si sono
costruiti tra persone e popoli. In particolare, il racconto si
sofferma sulle nuove vite degli 'ex bambini di Chernobyl' dopo
l'esperienza nel nostro paese, mettendo in luce la generosità
delle famiglie, ma anche la forza dei ragazzi che hanno trovato
con coraggio la determinazione di 'rinascere'.
"Da anni - racconta Karim Galici - pensavamo di raccontare
con un docufilm il Progetto Chernobyl e fin dall'inizio mi
sembrava una bell'idea di resilienza: una parola spesso abusata,
ma in questo caso calzante, anche da un punto di vista
psicologico, con la capacità di reagire che hanno avuto i
bambini delle zone radioattive, superando traumi e difficoltà e
trovando l'equilibrio in una nuova vita. La realtà dei loro
racconti è andata però oltre ogni immaginazione. Mi ha ricordato
quanto può essere diversa l'infanzia a seconda di dove nasci e
che non sempre corrisponde al momento più bello della vita".
Le riprese del documentario seguono un taglio registico che
miscela sapientemente il linguaggio del reportage a quello
poetico dell'occhio di Karim Galici. Immagini forti, filmati di
repertorio, spaccati di quotidianità familiare, testimonianze e
ricordi sono armonizzati da un'eccellente colonna sonora.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA