Misure condivisibili e di
buonsenso, ma forti dubbi per l'assenza di stanziamenti
aggiuntivi, per l'impatto economico e critiche sul mancato
coinvolgimento delle Regioni: è la posizione della Regione
Sardegna sulle misure contenute nella cosiddetta riforma
Schillaci varata dal governo Meloni per far fronte alla
situazione di emergenza che vive la sanità italiana.
"A una prima analisi è chiaro che si condividono le misure ad
alto impatto normativo come il Cup unico, le visite nei weekend
e altre che costituiscono interventi di buonsenso", spiega
all'ANSA l'assessore della Sanità Armando Bartolazzi, il medico
romano ed ex sottosegretario nel governo Conte, che la
governatrice Alessandra Todde ha voluto nell'Isola per mettere
mano al settore.
Interventi su cui però la Regione vorrebbe "aprire una
discussione seria con il governo che purtroppo ancora non c'è
stata", sottolinea Bartolazzi esprimendo la posizione della
Sardegna. "Questo è un decreto su cui le Regioni sono state poco
coinvolte, molto astratto e ancora privo di coperture
finanziarie - evidenzia l'assessore -. Ci riserviamo, quindi, di
valutare le misure ad alto impatto economico che andranno nel
decreto legge, perché dovremmo avere quanto meno un concorso di
spesa".
Anche perché dal 2007 la Sardegna provvede da sé al
finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario
nazionale sul proprio territorio, senza alcun apporto a carico
del bilancio dello Stato. Una condizione che penalizza ancora di
più il sistema regionale già in grande affanno per il combinato
disposto emergenziale di carenza dei medici e liste d'attesa
sempre più lunghe. Nell'Isola, che conta poco meno di 1,6
milioni di abitanti, mancano circa 400 medici specialisti, cento
medici di famiglia e una cinquantina di pediatri. Il dato,
insieme a quello dei tempi medi di attesa per visite
specialistiche ed esami porta alla drammatica crescita della
quota di sardi che rinuncia alle cure, ben il 12,3%. per
l'inefficienza delle strutture pubbliche, per le liste d'attesa
insostenibili e per i costi eccessivi.
La fotografia attuale delle liste d'attesa nell'Isola emerge
dai dati messi a disposizione dal portale Sardegna Salute: negli
ultimi due anni le liste d'attesa "ad alta priorità" (da
effettuare entro 10 giorni) si sono lievemente accorciate,
mentre quelle per le prestazioni "differibili" (entro 30 giorni)
e "programmabili" (entro 120 giorni) stanno peggiorando. Così,
dalle cifre del monitoraggio ex ante delle prestazioni
ambulatoriali in regime istituzionale, aggiornato alla settimana
tra il 6 e il 10 maggio 2024, se per una visita urgente
cardiologica l'attesa è in media di 7 giorni, per la stessa
visita 'differibile', cioè da svolgere entro 30 giorni, se ne
devono attendere 107.
Per una prima visita endocrinologica 'urgente' si supera di 5
giorni il limite imposto, mentre per un appuntamento
'differibile', invece del massimo di 30 giorni, si va a 131
giorni. La situazione peggiora con gli esami diagnostici: con
103 giorni di attesa per una tac dell'addome inferiore
'differibile' e addirittura 460 giorni per una risonanza
magnetica della colonna vertebrale o 135 giorni per una semplice
eco color doppler cardiaca.
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