"Ho sofferto molto per quello che
è successo, ma Alberto l'ho perdonato. Ho perso mio marito, non
voglio perdere anche mio figlio". Maria Giovanna Drago, 69 anni,
parla dal banco dei testimoni nell'aula della Corte d'Assise di
Sassari, dove si sta celebrando il processo per omicidio contro
suo figlio Alberto Picci, 50 anni, accusato dell'uccisione del
padre, Giuseppe Picci.
L'imputato all'alba del 27 aprile 2022, a Santa Maria
Coghinas, ridusse in fin di vita i genitori, aggredendoli nel
sonno: il padre fu trafitto con una fiocina che gli attraversò
la gola e si conifccò nel cranio; la mamma fu colpita alla testa
con delle forbici da pesca.
Per quella aggresione, scaturita da un raptus, Alberto Picci è
stato condannato in via definitiva a 12 anni di carcere duplice
tentato omicidio.
Il padre, però, dopo circa un anno di cure disperate è morto
e per il 50enne è scattata l'accusa di omicidio.
Oggi davanti alla Corte d'assise presideuta dal giudice
Massimo Zaniboni, sono stati sentiti i cinque testi chiamati a
deporre dal sostituto procuratore, Angelo Beccu: tre vicini di
casa, una zia dell'imputato e la mamma, Maria Giovanna Drago.
"Soffro d'insonnia e quindi mi addormento con le cuffie, per
ascoltare musica rilassante. Non mi sono accorta di nulla,
ricordo di avere sentito un dolore fortissimo alla testa, mi
sono alzata e nel soggiorno ho visto mio marito riverso per
terra, sanguinante. Alberto gli stava accanto e diceva di stare
tranquilli, che aveva chiamato l'ambulanza. Allora ho chiamato i
carabinieri", ha raccontato la donna.
Rispondendo anche alle domande dell'avvocato della difesa,
Claudio Mastandrea, la donna ha riferito dei disturbi psichici
del figlio, che in passato aveva subito dei Tso e che soffriva
di paranoia: "Aveva paura, era convinto che qualche entità
volesse fargli del male".
Prossima udienza il 9 luglio per sentire le deposizioni dei
periti.
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