Le scelte sulla
de-carbonizzazione e alla transizione energetica della Sardegna
"non possono non passare dalla realizzazione del piano di
metanizzazione con la relativa dorsale per trasportare il metano
prima e l'idrogeno poi, non certo attraverso una selvaggia
colonizzazione di produzione da eolico e fotovoltaico" che,
invece, deve essere riequilibrata da un mix energetico che
contempli - oltre al metano - "un giusto apporto anche di altre
Fer come idroelettrico e biomasse". La Cgil della Sardegna
ribadisce le sue posizioni con un documento di tre pagine nel
quale chiede anche di istituire per legge un'Agenzia sarda per
lo sviluppo industriale e un Fondo speciale per la transizione.
Le segreterie unitarie Cgil, Cisl e Uil nazionali hanno già
chiesto un incontro urgente ai ministri Pichetto Fratin e Urso,
ma nel frattempo, il confronto è stato avviato a livello
regionale con l'assessore regionale all'Industria Emanuele Cani
nel quale si è appreso che la trattativa sul piano di
metanizzazione è ripartita e si dovrebbe arrivare in tempi
stretti a un nuovo Dpcm Sardegna.
"I problemi di oggi discendono da una impostazione data dal
governo nazionale nel 2021 con il decreto 199, sul quale non era
stata intrapresa alcuna azione dalla precedente Giunta - osserva
la Cgil - Ora quella attuale si appresta a tracciare i limiti
perché il decreto di giugno venga attuato senza distruggere
l'ambiente, il paesaggio, le biodiversità, gli ecosistemi. Ci
auguriamo che questo processo possa contemplare la revisione
della quantità di 6,2 GW di energia da fonti rinnovabili
assegnato alla Sardegna".
Per la Cgil è indispensabile una "giusta proporzione" tra
eolico, fotovoltaico, idroelettrico nei bacini superficiali e
sotterranei, biomasse, accumuli, metano prima e idrogeno poi. W
serve "una visione" complessiva e "scelte e indirizzi precisi di
politica energetica e industriale. E misure garanzie a tutela
delle lavoratrici e dei lavoratori interessati da crisi,
riconversioni e nuove attività".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA