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Uxoricida all'ergastolo, 'indegno a succedere a beni moglie'

Uxoricida all'ergastolo, 'indegno a succedere a beni moglie'

Causa in tribunale a Nuoro intentata da tutrice figlia minore

NUORO, 16 settembre 2024, 16:08

Redazione ANSA

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"E' indegno a succedere ai beni della moglie essendo stato condannato come mandante del suo omicidio". E' l'esito della sentenza pronunciata oggi dal giudice del tribunale di Nuoro Cosimo Gabbani, nei confronti di Francesco Rocca, il dentista di Gavoi condannato in via definitiva come mandante dell'omicidio della moglie Dina Dore avvenuto il 26 marzo del 2008.
    La causa civile era stata promossa dalla tutrice della figlia oggi 17enne, attraverso le avvocate Anna Maria Busia e Francesca Calabrò. Il dentista subito dopo l'omicidio della moglie, aveva presentato la dichiarazione di successione delle due case di proprietà sue e della vittima, nonché del conto corrente bancario intestato a Dina Dore, indicando lui e la figlia come eredi.
    La casa di via Sant'Antioco, teatro dell'omicidio, è ora intestata per il 50% alla 17enne, mentre per quanto riguarda la casa di via Togliatti, che Rocca ha venduto anni fa, la ragazza vanta un diritto di credito nei confronti del padre per la quota che apparteneva alla mamma. Lo stesso diritto di credito la minore vanta per il deposito del conto corrente bancario di Dina Dore, che Rocca aveva riscosso subito dopo la sua morte.
    Il dentista di Gavoi nel 2022 era stato condannato al mantenimento della figlia, nonché al versamento degli arretrati.
    Parallelamente a questo procedimento, ve ne sono altri due - sempre contro Rocca - pendenti nel tribunale di Nuoro. Il primo è relativo alla causa promossa dalla figlia per il risarcimento dei danni patiti a seguito del delitto della madre. L'altro riguarda i beni dell'ergastolano: la madre e le sorelle di Rocca hanno intentato una causa per spogliarlo dei suoi averi, che loro ritengono debbano rientrare nell'asse familiare "a garanzia del patrimonio della figlia".
    Un procedimento ancora in corso, al quale si sono opposte le avvocate Busia e Calabrò, secondo le quali la causa "è solo un escamotage per svincolare il patrimonio di Rocca e non renderlo aggredibile dalla figlia, che dal padre non ha mai ricevuto nulla".
   

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