"Sono stato due anni e mezzo in
Italia e ho un figlio piccolo da un'italiana: la voglio sposare
e riconoscere il bambino. E' la verità. L'ho sempre detto, così
come ho subito fatto il mio nome e che ero un passeggero". Così
il tunisino Mohamed Alì Malek, di 27 anni, accusato di essere il
'capitano' del 'grande naufragio' del 18 aprile del 2015 in cui
morirono oltre 700 migranti, nel rendere spontanee dichiarazioni
nell'ultima udienza del processo col rito abbreviato davanti al
Gup Daniela Monaco Crea. Soltanto 28 furono le persone
sopravvissute. Due di loro, ai tempi dei fatti minorenni, si
sono costituite parte civile. Con il 'capitano', accusato di
omicidio colposo plurimo e naufragio, per cui l'accusa ha
chiesto la condanna a 18 anni di reclusione, è imputato anche
il suo 'mozzo' siriano Mahmud Bikhit, di 25, per il quale la
Procura ha chiesto sei anni di reclusione per favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina. Il Gup si è ritirato in camera di
consiglio. La sentenza è prevista per le 13.
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