"Uno Stato che non riesce a fare
luce su questo delitto non ha possibilità di futuro. Dopo
trent'anni di depistaggi e di tradimenti noi non ci rassegniamo
e continueremo a batterci perchè sia fatta verità sull'uccisione
di nostro padre". Lo ha detto Fiammetta Borsellino, figlia
minore del giudice ucciso nella strage di via D'Amelio, nel
corso della presentazione del libro scritto dal giornalista
Piero Melati "Paolo Borsellino. Per amore della verità" che
raccoglie le testimonianze della stessa Fiammetta, del fratello
Manfredi e della sorella Lucia. "E' per questo motivo - ha
ricordato - che la mia famiglia ha deciso di disertare le
cerimonie ufficiali sulle stragi del '92, non a caso mia madre
non volle funerali di Stato, proprio perchè aveva capito...".
Fiammetta Borsellino ha raccontato quanto accaduto nei mesi
successivi all'attentato "quando la mia famiglia fu oggetto di
un vero e proprio 'assalto alla diligenza' da parte di uomini
dello Stato. Quasi la necessità di svolgere una sorta di
vigilanza nei nostro confronti, di tenerci buoni, di
controllarci". La figlia di Borsellino ha poi ricostruito le
vicende legate al falso pentito Vincenzo Scarantino, le cui
dichiarazioni hanno dato vita a quello che i giudici del
processo quater sulla strage di via D'Amelio hanno definito "Il
più colossale depistaggio della storia d'Italia". Dal ruolo
svolto dal gruppo di poliziotti guidato dal questore Arnaldo La
Barbera, legato ai servizi segreti, che avrebbero imbeccato
Scarantino (tre di loro sono a processo per calunnia aggravata e
la sentenza è prevista per il 12 luglio prossimo ndr), alle
inchieste della Procura di Caltanissetta guidata da Giovanni
Tinebra "vicino - ha sottolineato la Borsellino - ad ambienti
della massoneria".
Riferendosi poi alla presa di distanze sull'attendibilità di
Scarantino da parte del Pm Ilda Boccassini, condensata in una
lettera inviata ai colleghi della Procura, Fiammetta Borsellino
ha osservato: "Una vicenda così grave non può essere liquidata
con una lettera. Mio padre mi ha insegnato che in questi casi si
fanno denunce pubbliche. A me è sembrato più che altro un
volersi mettere il ferro dietro la porta da parte della
Boccassini. Peraltro era stata proprio lei ad autorizzare i
dieci colloqui investigativi nel carcere di Pianosa nel corso
dei quali Scarantino sarebbe stato torturato per costringerlo a
rendere quelle false dichiarazioni".
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