"Il tentativo di fecondazione è
andato a buon fine e la signora ha condotto una gravidanza
regolare fino alla 30esima settimana quando ha contratto il
Covid ed è stata pertanto ricoverata nella sezione della
Ginecologia del Cannizzaro dedicata alle pazienti positive".
Così Paolo Scollo, direttore del reparto di Ostetricia e
ginecologia dell'ospedale Cannizzaro di Catania, Unità operativa
complessa clinicizzata dell'università Kore di Enna, sul caso di
Alessandra, la piccola nata dalla donna che ha ricevuto il primo
trapianto di utero realizzato in Italia. "L'infezione - spiega
Scollo - è stata per un certo tempo asintomatica ma, qualche
giorno fa, un episodio di febbre alta e conseguenti contrazioni
ci ha indotto a procedere con un taglio cesareo".
Il parto è così avvenuto alla 34esima settimana. "Madre e
figlia - aggiunge Scollo - sono state quindi trasferite in
terapia intensiva: la donna nel reparto adulti, la bambina
nell'unità di Terapia intensiva neonatale, dove è sottoposta a
terapia antibiotica, di prassi per i prematuri, e ad assistenza
respiratoria non invasiva. Entrambe si trovano in condizioni
stabili".
"È stato un trapianto estremamente complesso - ricostruisce
Pierfrancesco Veroux, professore ordinario di Chirurgia
vascolare e trapianti dell'Università di Catania che ha eseguito
l'intervento - che ha presentato sin dall'inizio le difficoltà
tecniche che ne limitano l'uso estensivo nel mondo. In questo
caso l'utero, sin dal 'declampaggio' dei vasi, ha mostrato una
grande vitalità che ha poi permesso grazie a una perfusione
ottimale di 'vivere' nella paziente e di portare a termine una
gravidanza quanto mai attesa". "Il Centro trapianti da me
diretto - sottolinea Veroux - ha seguito in questi due anni con
cadenza settimanale la futura mamma per monitorare le condizioni
cliniche. L'utero trapiantato, al momento della nascita della
'nostra' piccola Alessandra, ha confermato la piena
funzionalità, facendo ben sperare per il futuro".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA