Nella lotta al terrorismo e nella
sfida alla mafia, i due fronti che lo impegnarono tra gli anni
Settanta e Ottanta, Carlo Alberto Dalla chiesa adottò la linea
di un innovatore. All'organizzazione da colpire oppose la
capacità di sviluppare una risposta basata su conoscenze
specifiche raccolte da gruppi investigativi specializzati.
Metodi e strategie del superprefetto, ucciso 40 anni fa dai
sicari di Cosa nostra, sono ora ripercorsi dallo storico
Vittorio Coco nel libro "Il generale Dalla Chiesa, il
terrorismo, la mafia", edito da Laterza.
L'azione di Dalla Chiesa, osserva Coco, si organizzò in
sinergia con la magistratura, che adottò gli stessi criteri
costituendo anch'essa gruppi specializzati come i pool. Queste
innovazioni furono accompagnate da una normativa premiale,
anch'essa innovativa, che aprì la strada al "pentitismo". Per le
Brigate rosse fu l'inizio della fine. Ma il fenomeno avrebbe
permesso di assestare un duro colpo anche a Cosa nostra. Vengono
da lì le grandi inchieste del pool Falcone e Borsellino.
Il cartello "Qui è morta la speranza dei palermitani onesti",
apparso subito dopo la strage di via Carini, era la
testimonianza delle grandi aspettative riposte nella venuta, che
era un ritorno, di Dalla Chiesa a Palermo.
Ma il consenso spontaneo degli "onesti" dovette fare i conti
con un fronte ostile anche all'interno degli apparati di
sicurezza. Si continuava a guardare, secondo Coco, agli
organismi creati dal superprefetto come a "una pericolosa
eccezione, nell'ambito del mai sopito conflitto tra strumenti
ordinari e straordinari". C'era poi la galassia del
"garantismo", che con Leonardo Sciascia segnalava analogie con
il caso di Cesare Mori, il superprefetto inviato a Palermo da
Mussolini. Ma era un confronto sui metodi non certo sugli
obiettivi di Dalla Chiesa verso il quale lo scrittore manteneva
una "antica considerazione". E c'erano infine coloro che
"difendevano interessi specifici, come alcuni esponenti della Dc
siciliana compromessi con la mafia".
E proprio in Sicilia l'uomo che nella lotta al terrorismo si
era attirato il dubbio di tessere trame si è trasformato in
colui che invece i complotti li ha subiti. Tanto da alimentare
la convinzione che si decise di mandarlo a Palermo senza poteri
"per liberarsi di lui e dei segreti di cui era in possesso".
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