Parla di "condizioni gravi",
dubita che venga sottoposto a cure adeguate. Lorenza Guttadauro,
nipote e legale del boss Matteo Messina Denaro è preoccupata per
la salute dello zio, il capomafia in cella dal 16 gennaio dopo
trent'anni di latitanza. Una secca dichiarazione, la sua, a cui
segue la risposta del carcere de l'Aquila in cui il padrino di
Castelvetrano è detenuto in regime di 41 bis e viene sottoposto
alla chemioterapia. "Le condizioni generali del paziente sono
buone", commentano fonti sanitarie e carcerarie.
Affetto da un tumore al colon, per cui è stato operato due
volte (una delle quali per metastasi al fegato) mentre era
ricercato, il boss viene sottoposto alla chemioterapia in un
ambulatorio ad hoc ricavato di fronte alla sua cella.
Medici e responsabili del supercarcere sostengono, dunque, che
le parole dell'avvocatessa "non corrispondano al quadro
clinico".
"Il paziente viene seguito con puntualità e sta facendo
terapie neoplastiche ambulatoriali che sono compatibili con la
sua malattia", rispondono i sanitari replicando alla Guttadauro
che aveva stigmatizzato il fatto che le cure venissero
effettuate in carcere e non in un ambulatorio.
"Se fosse servito il ricovero, avrebbe fatto cure in
ospedale" spiegano ancora fonti sanitarie che non nascondono una
certa irritazione. Secondo quanto si è appreso, dopo la seconda
chemio, somministrata il 6 febbraio scorso, il boss non avrebbe
avuto problemi legati agli effetti collaterali.
Che il capomafia non sia in cattive condizioni di salute era
apparso anche ai magistrati che, lunedì scorso, sono andati a
interrogarlo. Al procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e
all'aggiunto Paolo Guido il boss sarebbe sembrato lucido e non
sofferente.
Un interrogatorio storico quello condotto dai due pm che
hanno coordinato l'indagine che ha portato alla cattura di
Matteo Messina Denaro, durato un'ora. Garbato, per nulla ostile,
il boss ha risposto alle domande dei magistrati che gli hanno
contestato nuove accuse. La ricettazione della pistola con
matricola abrasa scoperta in una intercapedine di un mobile
della cucina nel covo di vicolo San Vito a Campobello di Mazara,
in cui Messina Denaro ha trascorso gli ultimi mesi di latitanza,
il reato di sostituzione di persona - il boss usava l'identità
del geometra Andrea Bonafede - e l'aver falsificato le carte di
identità (almeno 5) trovate sempre nell'appartamento.
Messina Denaro avrebbe cercato di ridimensionare il suo
ruolo, negando di essere il capomafia stragista che tutti
ritengono. Un faccia a faccia inevitabile, quello di lunedì, che
non avrebbe portato novità di alcun genere al lavoro dei pm. Di
certo, non sembra l'avvio di una collaborazione con la
giustizia.
Dell'interrogatorio la legale, disponibile a parlare della
salute dello zio, non intende dire nulla.
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