Il comandante di un peschereccio
tunisino e tre membri dell'equipaggio sono stati fermati, in
quanto indiziati di delitto, nei giorni scorsi, per pirateria
marittima, reato, che prevede pene fino a 20 anni di reclusione,
previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del
mare di Montego Bay e dal codice della navigazione italiano. I
fermi, già convalidati dal gip del tribunale di Agrigento che ha
disposto la misura della custodia cautelare in carcere, sono
stati fatti dalla squadra mobile di Agrigento, dalla sezione
operativa navale della guardia di finanza di Lampedusa e dai
militari della Guardia costiera di Lampedusa, coordinati dal
procuratore reggente Salvatore Vella.
Le indagini hanno permesso di accertare che i pescatori
tunisini si sono riciclati, dedicandosi alla più lucrosa
attività di pirati, depredando i numerosi barchini in ferro che
continuano a partire dalle coste di Sfax, in Tunisia, con a
bordo, per la maggior parte, migranti sud-sahariani e asiatici.
Furti che mettono gravemente a rischio la vita dei migranti, che
tentano di attraversare il Canale di Sicilia. La Procura di
Agrigento ha già avviato un tavolo tecnico di approfondimento
del fenomeno della pirateria nel Mediterraneo centrale con il
comando generale delle Capitanerie di porto, con il comparto
aeronavale della Guardia di Finanza e col mondo dell'accademia
universitaria. Le informazioni acquisite nell'ambito di questa
inchiesta sono state, infatti, condivise con i Paesi esteri
interessati tramite i canali Interpol.
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