"Nessun elemento concreto depone per ritenere tutte le entrate di Marcello Dell'Utri (dunque anche quelle derivanti dallo svolgimento di attività professionale presso le società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Silvio Berlusconi, e finanche gli emolumenti per la carica di parlamentare) illecite in quanto derivanti da una sorta di 'inquinamento' genetico".
Lo scrive il tribunale di
Palermo nel respingere la richiesta di confisca del patrimonio
dell'ex senatore di Fi Marcello Dell'Utri.
"Anche volendo valorizzare le condotte delittuose giudizialmente
accertate (il ruolo di mediazione assunto da Dell'Utri nelle
richieste estorsive veicolate da Cosa nostra a Berlusconi), -
spiegano i magistrati - non può giungersi alla conclusione
secondo cui anche i rapporti di lavoro e di collaborazione fra
Berlusconi e Dell'Utri (e finanche l'attività politica svolta da
quest'ultimo nel partito fondato dal primo) sarebbero
radicalmente inquinati, e addirittura ottenuti dal proposto solo
grazie ad un indimostrato condizionamento subito da Berlusconi
(e di cui, peraltro, mancherebbe un accertamento giudiziale)".
"Tale conclusione, infatti, oltre che estremamente semplicistica
e indimostrata, - concludono i giudici - si scontra con la
successiva evoluzione dei rapporti fra i due e con il più volte
rinnovato (finanche nelle proprie disposizioni testamentarie,
come notorio) senso di amicizia e riconoscenza mostrato da
Berlusconi nei confronti di Dell'Utri e posto alla base degli
ingenti flussi finanziari veicolati in suo favore"
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