Ufficialmente è un imprenditore e un mercante d'arte , ma per i magistrati, per anni, ha finanziato la latitanza di Matteo Messina Denaro e ha trafficato in reperti archeologici.
Accuse costate a Giovanni Franco Becchina, 85 anni, originario di Castelvetrano, ma residente in Svizzera dove ha avuto una galleria d'arte, prima un sequestro di beni milionario, oggi il sequestro di svariate anfore di epoca tardo romana e di un basamento di marmo di età ellenistico-romana, tutti ritenuti di ingente valore.
"Emergono numerosi indizi riguardo alla sua pericolosità, caratterizzata dall'essere un soggetto che trae il proprio sostentamento, dalla propria attività di trafficante internazionale di reperti archeologici", hanno scritto i giudici delle misure di prevenzione, accogliendo la proposta di sequestro della Procura di Palermo.
Ma le opere acquisite dagli investigatori sarebbero solo una parte del tesoro di Becchina che, commerciando in pezzi di archeologia, avrebbe accumulato una fortuna.
Il patrimonio del commerciante d'arte sarebbe enorme: milioni di euro che neppure gli investigatori della Dia sono riusciti a quantificare.
"Pur non riportando ad oggi condanne definitive per il reato di associazione mafiosa, le sue frequentazioni, i suoi 'traffici' e i rapporti diretti con gli ambienti della criminalità organizzata di tipo mafioso castelvetranese rendono infatti, attuale e rilevante il suo grado di pericolosità 'qualificata'", scrissero nel primo provvedimento di sequestro.
Sotto sigilli allora finirono aziende, terreni, conti bancari, automezzi, e immobili, tra cui un'ala del castello "Bellumvider" realizzato nel 1239 per accogliere Federico II, poi diventato Palazzo ducale dei principi Pignatelli Aragona.
A carico di Becchina, oltre a intercettazioni e indagini patrimoniali, ci sono le rivelazioni di diversi pentiti e del dichiarante Giuseppe Grigoli, piccolo commerciante che, secondo gli inquirenti, riciclando i soldi di Cosa nostra, è diventato il "re" dei supermercati Despar della Sicilia occidentale. Grigoli, condannato a 12 anni per mafia nel 2012, non è ufficialmente un collaboratore di giustizia, ma nel tempo ha fornito diversi spunti investigativi sul clan di Matteo Messina Denaro.
"Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e quindi dovevano andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu, a Matteo Messina Denaro", ha raccontato nel 2016 Grigoli ai pm.
Oggi il nuovo colpo al patrimonio del commerciante d'arte che fu indagato anche per un tentativo di furto del Satiro Danzante, statua in bronzo del IV secolo a.C ritrovata nel canale di Sicilia nel marzo '98 dall' equipaggio del peschereccio mazarese "Capitan Ciccio" . Secondo il pentito Concetto Mariano, Becchina avrebbe commissionato il colpo proprio agli uomini di Messina Denaro. Ma il piano fallì. Il commando sarebbe dovuto entrare in azione mentre la statua, a pochi giorni dal suo ritrovamento, nel 1998, si trovava nei locali del comune di Mazara del Vallo."Abbiamo chi ci darà le chiavi della stanza in cui il satiro è custodito", fu detto al collaboratore.
Ma poi qualcosa andò storto. Chi avrebbe dovuto consentire ai boss di entrare indisturbati in Municipio si tirò indietro. E la mafia dovette ricorrere ad un piano alternativo, il furto o, addirittura, una rapina.
Fu così che gli uomini del superlatitante Messina Denaro passarono alle maniere forti, decisero di irrompere in Comune armati di tutto punto. Qualche giorno prima della data scelta per il colpo le misure di sorveglianza attorno alla statua vennero improvvisamente rafforzate. E ai boss non rimase che fare dietro front.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA