La grande magia, una delle opere
più belle e travagliate di Eduardo De Filippo, poco apprezzata
dal pubblico al suo debutto nel 1948 ma riscoperta dopo la sua
morte torna in scena, in un nuovo allestimento diretto da
Gabriele Russo e coprodotto da Teatro Biondo di Palermo,
fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini ed Emilia Romagna
Teatro Ert - Teatro Nazionale. Lo spettacolo approda al Teatro
Biondo dal 6 al 15 dicembre.
Protagonisti sono Natalino Balasso e Michele Di Mauro, insieme a
Veronica D'Elia, Gennaro Di Biase, Christian di Domenico, Maria
Laila Fernandez, Alessio Piazza, Manuel Severino, Sabrina
Scuccimarra, Alice Spisa, Anna Rita Vitolo; le scene sono di
Roberto Crea, le luci di Pasquale Mari, i costumi di Giuseppe
Avallone e le musiche di Antonio Della Ragione.
Calogero Di Spelta, interpretato da Natalino Balasso, è un
marito tradito caratterizzato da una spiccata mania per il
controllo e dall'incapacità di amare e fidarsi, aspetti che lo
rendono specchio delle sfide e delle difficoltà dell'uomo
contemporaneo nell'ambito delle relazioni.
Ne risulta un uomo con la costante esigenza di aggrapparsi a
certezze granitiche, a costo di rinchiuderle simbolicamente in
una scatola: il luogo sicuro.
Suo contraltare è Otto Marvuglia (Michele Di Mauro), mago
manipolatore, dalle facce sempre diverse ed interscambiabili che
modificano il contesto e la percezione della realtà. Intorno a
loro due ruotano tutti gli altri personaggi della commedia,
smarriti nel continuo fondersi del vero e del falso.
Ne La grande magia lo stile del grande commediografo napoletano
incrocia temi pirandelliani, suggerendo interpretazioni
psicologiche e filosofiche del testo.
I personaggi, pur essendo inizialmente presentati come burattini
nelle mani del furbo mago Marvuglia, diventano a loro volta
burattinai, amplificando la complessità e la fluidità
dell'opera. Con questo spettacolo, che è anche un omaggio alla
"grande magia" del teatro, Russo cerca di proiettare la
tradizione eduardiana nel futuro: «Per esplorare nuove
possibilità all'interno delle trame e dei temi, che
inevitabilmente ci parlano diversamente settantacinque anni
dopo. D'altra parte fu proprio Eduardo ad usare la metafora
della tradizione come trampolino».
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