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Mafia: nuova pista nel delitto Mattarella dopo 45 anni

Mafia: nuova pista nel delitto Mattarella dopo 45 anni

In uscita un docufilm sull'omicidio dai contorni ancora oscuri

PALERMO, 04 gennaio 2025, 19:34

Redazione ANSA

ANSACheck
Piersanti Mattarella in un 'immagine del 9 febbraio 1978 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Piersanti Mattarella in un 'immagine del 9 febbraio 1978 - RIPRODUZIONE RISERVATA

  La Procura di Palermo torna a indagare sull'omicidio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, assassinato davanti alla moglie, Irma Chiazzese, il 6 gennaio del 1980, davanti alla sua abitazione, nel centro di Palermo.

Il luogo dell'agguato 

 

I magistrati, come riporta il quotidiano la Repubblica, avrebbero anche individuato i killer in due uomini d'onore. Notizia, quest'ultima, che gli inquirenti non hanno confermato. Un nuovo capitolo in una indagine lunga 45 anni che nei mesi scorsi ha portato la procura a richiedere ad alcune testate giornalistiche, tra cui l'ANSA, immagini fotografiche scattate sulla scena del delitto.

 

Per l'omicidio Mattarella sono stati condannati i componenti della Commissione di Cosa nostra che deliberò l'agguato. Mentre sono rimasti senza nome gli esecutori materiali. I due fascisti imputati, Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, sono stati processati e assolti in via definitiva. In particolare Fioravanti era stato riconosciuto come il possibile killer dalla vedova Mattarella, ma la testimonianza non ha retto al vaglio dei giudici. Nell'inchiesta, più volte archiviata, si è sempre ipotizzata una convergenza di interessi tra mafia ed eversione nera. Tesi questa avanzata anche da Giovanni Falcone.


Depistaggi, trame oscure, mafia, poteri occulti, eversione nera: 45 anni dopo, l'uccisione di Piersanti Mattarella presidente della Regione siciliana e fratello del capo dello Stato, dunque, è ancora un magma ribollente. Un caso mai chiuso. A riaprirlo, oltre ai pm, proprio nell'anniversario dell'agguato, è un docufilm di Giorgia Furlan ("Magma.Mattarella, il delitto perfetto"), un'indagine incalzante su quello che viene descritto come il delitto più grave dopo quello di Aldo Moro. Mattarella era un suo pupillo e un suo erede: in Sicilia ne aveva ripreso la linea di un rinnovamento della vita politica e di convinte aperture verso il Pci.

Video 'Magma, il delitto perfetto', un docufilm su Piersanti Mattarella: il trailer

 

 

Il docufilm - prodotto da Mauro Parissone per 42° Parallelo, Antonio Campo dell'Orto e Ferruccio De Bortoli - verrà presentato a Roma con un'anteprima nazionale il 9 gennaio 2025 (cinema Moderno) e a Bologna con una proiezione speciale (cinema Modernissimo).

Attorno al caso Mattarella vengono ricomposte le linee di un progetto politico che, già con Moro, aveva messo in discussione gli equilibri della guerra fredda. E in più era stato creato un governo con le "carte in regola" che aveva alzato il velo sul sistema siciliano delle connivenze e della convergenza di interessi tra mafia, poteri occulti e politica.

Lo stesso Mattarella era consapevole dei rischi ai quali andava incontro, come confidò alla responsabile della sua segreteria, Maria Trizzino, dopo un colloquio riservato con il ministro Virginio Rognoni. Di quella esperienza arrivano fino a noi tante lezioni morali e le immagini delle relazioni politiche di Piersanti Mattarella ma anche gli scatti drammatici di Letizia Battaglia che per caso si ritrovò a riprendere il fratello Sergio, attuale capo dello Stato, mentre cercava di soccorrerlo.


Il docufilm ricostruisce e rilegge attraverso varie testimonianze come quelle del giornalista Attilio Bolzoni, del sociologo Pino Arlacchi, degli ex presidenti della commissione antimafia, Rosy Bindi allieva di Vittorio Bachelet, e Luciano Violante, di Andrea Speranzoni legale di parte civile nel processo per la strage di Bologna, il complesso scenario in cui il delitto maturò. La pellicola non offre risposte ma pone domande e questioni rilevanti. È un viaggio nella memoria collettiva, la ricostruzione di un "delitto perfetto" (definizione di Licio Gelli) e di una ferita aperta in un'Italia che, come sostiene Rosy Bindi, "non è mai stata fino in fondo un Paese libero".
   

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