Il ricordo struggente di Tripoli
riaffiora prepotente nei pensieri di una bambina. Come le scene
di un film si rincorrono i momenti spensierati dell'infanzia: la
"promenade" del lungomare affollata dai signori con il vestito
bianco, gli odori del suk, il cortile dove corrono e giocano i
bambini, la scuola, il palazzo reale con la cupola, il quartiere
dove genti di diversa origine e religione (arabi, ebrei,
italiani, inglesi, maltesi) vivono in un'atmosfera di grande
armonia. Tea, la protagonista, racconta tutto questo, che
finisce con la precipitosa cacciata degli italiani dopo il colpo
di stato di Muhammar Gheddafi, componendo un "romanzo
famigliare" nel libro di Mariza D'Anna "La casa di Shara Band
Ong" (Margana edizioni, 380 pagine, 16 euro).
Inutile dire che il romanzo si intreccia con il primo tratto
biografico della stessa D'Anna, che è una giornalista siciliana
e ha cominciato a raccontare la sua esperienza libica in un
altro libro, "Il ricordo che se ne ha". Il nuovo è un seguito
ideale del primo. Mariza D'Anna arrivò a Tripoli ancora in fasce
nell'agosto 1962. Con i genitori insegnanti nel liceo italiano e
il fratello andò ad abitare in un quartiere tra la cattedrale e
il palazzo reale. Era l'ultima arrivata di una famiglia che in
Libia si era stabilita sin dal 1928. Tutto era cominciato quando
l'Italia fascista, sulle note di "Tripoli bel suol d'amore",
aveva assegnato al bisnonno terre, poi trasformate in una
florida azienda agricola, a cento chilometri dalla capitale.
Erano gli anni in cui Mussolini inseguiva l'idea della "Quarta
sponda" e di una colonizzazione che, nei progetti del fascismo,
avrebbe creato tante opportunità di lavoro per gli italiani.
Tea non si affida solo ai suoi ricordi. Pesca nella memoria di
famiglia e nelle immagini di foto sepolte nei cassetti per
ricostruire una fitta trama di gioie, dolori, amori, relazioni.
I suoi non sono, scrive nella prefazione Guido Barbieri,
"ritratti scolpiti ma acquerelli leggeri" che si legano alla
"logica reale della memoria". Ma il registro narrativo del
romanzo non impedisce a Mariza D'Anna di fare i conti con la
storia della colonizzazione italiana, cominciata con Giovanni
Giolitti, proseguita con atroci bombardamenti e culminata con la
dominazione fascista. A espiare le colpe del regime saranno poi
gli oltre ventimila italiani cacciati dopo la rivoluzione di
Gheddafi. Su un piroscafo finivano anche i sogni di una bambina
di nove anni e di una famiglia che, tra Genova e Trapani,
avrebbe dovuto annodare i fili di una nuova storia.
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