Un misto di indifferenza e pessimismo: è l'aspettativa che prevale tra i palestinesi dei Territori Occupati a 48 ore dalle elezioni che vedono confrontarsi le destre guidate da Benyamin Netanyahu e la coalizione di centrosinistra di Isaac Herzog e Tzipi Livni.
"Non mi importa granché: per noi, o almeno, per me, non cambierà assolutamente nulla, noi subiamo e basta" ha confidato all'ANSA Khaled Hosseini, proprietario di un noto negozio di dolci di Ramallah mentre incarta una grossa fetta di kanafeh, il dolce tradizionale palestinese. "Se vuoi avere una risposta intelligente vai alla Muqata. Lì è pieno di persone intelligenti", spiega sarcastico riferendosi al palazzo dove risiede Abu Mazen, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp). Più interessati all'esito del voto di Israele, sembrano essere invece gli studenti dell'università di Birzeit -la più importante della Cisgiordania- dove le principali fazioni politiche palestinesi (Fatah, Hamas e il Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, Fplp) hanno un'agguerrita rappresentanza spesso in competizione.
"Non c'è differenza tra Herzog e Netanyahu" - dice Hanin, studente di scienze politiche avvolta in una kefiah rossa, a dimostrazione della sua adesione ai marxisti del Fplp. "Dopo quasi 50 anni di occupazione - aggiunge - ci basterebbe una dichiarazione che fosse contraria all'ampliamento delle colonie per avere un po' più di speranza''. "Le politiche di Israele sono più vecchie di ogni presidente e ogni elezione'', sottolinea Manar Barghouti, avvocatessa residente nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est. Manar fa parte dei circa 300mila palestinesi che vivono nella parte est della città, che da quando fu annessa unilateralmente nel 1967, vivono sotto amministrazione israeliana ma non possono votare alle elezioni. ''Le regole del gioco - spiega la giovane - sono già stabilite, non c'è nessuna speranza di cambiamento, a meno che non ci sia un cambiamento nell'ideologia sionista: la democrazia per un solo gruppo etnico di persone".
Secondo Husam Zomlot, analista e direttore della Commissione per le Relazioni Internazionali palestinesi presso l'università di Oxford, "l'unica buona notizia, o almeno un motivo d'interesse", sembra arrivare dalla nuova coalizione Lista Araba Unita, che per la prima volta mette insieme i principali partiti arabi israeliani (nazionalisti, islamici e progressisti) e il partito comunista israeliano a predominanza araba Hadash. "Le elezioni israeliane hanno molto più impatto sulle vite dei palestinesi che su quelle degli israeliani. In Israele - dice Zomlot - la cittadinanza ha gli strumenti per opporsi agli abusi del governo, i palestinesi subiscono l'occupazione e basta. L'unico cambiamento possibile - conclude - potrebbe arrivare se Herzog decidesse di mettere la parola fine alla costruzione delle colonie, ma questo non sembra essere il caso".