Il calo di ossigeno nella grotta dove sono bloccati i ragazzi in Thailandia è dovuto soprattutto alla presenza dei soccorritori, ma anche da eventuali innalzamenti dell'acqua in alcuni tratti. Lo afferma Mario Mazzoli, general manager di Assonet (Archeologia subacquea speleologia organizzazione Network) ed esperto di strategie di soccorso.
"Una considerazione di carattere generale è che nelle grotte in genere si respira, ma ovviamente il ricambio può essere molto più lento - precisa Mazzoli -. Se ci sono tante persone che consumano ossigeno l'aria si puó saturare. A questo si aggiunge il fatto che alzandosi l'acqua comprime l'aria soprastante, e questo fa calare ulteriormente il ricambio. Di solito quando si fanno immersioni in grotte 'sospette' prima di togliere la maschera si analizza l'aria. Nel caso del sub che ha perso la vita è difficile dire cosa sia successo, nel suo percorso ha trovato sicuramente detriti e scarsa visibilità, e questo unito alla fretta potrebbe averlo portato a fare qualche errore".
La difficoltà principale per salvare i ragazzi è farli entrare in acqua. "Per questo quello che si sta facendo è 'allenare' i ragazzi, mettendo loro una maschera e facendogli fare piccoli percorsi. Così si può vedere chi ce la fa e chi invece va subito nel panico. L'uscita verrà fatta seguendo una 'sagola', una sorta di 'filo di Arianna' che indica la strada da seguire. Lungo il percorso si posizionano le bombole di aria da usare in caso di difficoltà con quella che si indossa".
In Italia, spiega Mazzoli, difficilmente si arriverebbe a situazioni come questa. "Le grotte 'turistiche' sono ben monitorate, e l'andamento del livello dell'acqua interna è studiato per evitare incidenti come questo. Può succedere che qualche speleologo rimanga intrappolato in grotte scoperte da poco, ma l'allagamento può durare qualche giorno, non certo mesi".
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